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Salinizzazione del suolo e sicurezza alimentare

La salinizzazione è un processo di degrado del suolo che minaccia l’ecosistema e compromette la produzione agricola. Può avvenire naturalmente, ma molto spesso è una conseguenza delle attività umane. La gestione di queste aree richiede un approccio integrato per individuare nuovi sistemi di coltivazione e scongiurare la desertificazione definitiva

Salinizzazione del suolo
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(Rinnovabili.it) – La salinizzazione del suolo, ovvero l’aumento di sali presenti nel suolo, è uno dei principali processi di degrado che minacciano l’ecosistema e quindi la produzione agricola, la sicurezza alimentare e la sostenibilità nelle regioni aride e semi-aride.

«Il suolo è il fondamento dell’agricoltura e gli agricoltori di tutto il mondo dipendono dal suolo per produrre circa il 95% del cibo che mangiamo.  Tuttavia, i nostri suoli sono a rischio», mette in guardia Qu Dongyu, direttore generale della FAO.

La salinizzazione eccessiva impedisce la crescita delle piante

I sali sono presenti naturalmente nei terreni e nell’acqua, e i terreni naturalmente salini possono supportare ecosistemi ricchi. Quando però nel terreno si riscontrano livelli eccessivi di sale i terreni si danneggiano e le piante non riescono a crescere.

La salinizzazione può verificarsi naturalmente (può capitare nei deserti a causa della prolungata mancanza di acqua e dell’evaporazione intensa), oppure può essere una conseguenza delle attività umane come uso eccessivo di fertilizzanti, metodi di irrigazione inappropriati, acqua inquinata, deforestazione.

La salinizzazione ha un grave impatto sulle funzioni del suolo: non diminuisce solo la produttività agricola, ma compromette anche la qualità dell’acqua, la biodiversità e l’erosione del suolo. Inoltre i terreni salinizzati hanno una ridotta capacità di agire come tampone e filtro contro gli inquinanti.

La FAO con la Giornata mondiale del suolo 2021 e la campagna Arrestare la salinizzazione del suolo, aumentare la produttività del suolo mira a sensibilizzare sull’importanza di migliorare la salute del suolo e mantenere ecosistemi sani combattendo la salinizzazione del suolo.

La necessità di un approccio integrato

Le pratiche agricole non sostenibili, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e l’aumento della popolazione sono tutti fattori che incidono negativamente sulla qualità del suolo. Come mette in evidenza la FAO, circa il 9% della superficie terrestre è già colpito dalla salinizzazione; il fenomeno si verifica in tutto il mondo, ma le aree più colpite sono quelle aride o semi-aride (Asia centrale, Medio Oriente, Sudamerica, Nord Africa e Pacifico).

La salinizzazione può avvenire anche in zone lontane dal mare: un esempio è l’Uzbekistan (Asia centrale), che non ha sbocco sul mare, confina con Paesi senza sbocco sul mare, eppure la salinizzazione di gran parte dei terreni rende difficile l’agricoltura.

La gestione di queste aree richiede un approccio integrato, che va dalla gestione sostenibile del suolo all’irrigazione e al drenaggio, fino alla selezione di colture e piante che sopportino il sale.

Il caso dell’Uzbekistan

In Uzbekistan, il Global Soil Partnership della FAO collabora con gli scienziati per sviluppare nuove pratiche sostenibili di gestione del suolo con buoni risultati: grazie ai nuovi metodi di coltivazione che permettono di affrontare le carenze idriche e gli effetti del cambiamento climatico è di nuovo possibile coltivare prodotti per l’alimentazione umana e animale.

È fondamentale disporre di dati affidabili per adottare le azioni appropriate per garantire la gestione sostenibile del suolo e prevenire il degrado. Tuttavia, dal Global Soil Laboratory Assessment Report della FAO si evince che su 142 Paesi esaminati, il 55% (prevalentemente in Asia e Africa) non è in grado di effettuare l’analisi del suolo.

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