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Riforma della PAC: braccio di ferro sul fondo di riserva per le crisi

Il trilogo Commissione – parlamento – Consiglio si incaglia su come modificare il fondo destinato al supporto degli agricoltori in caso di crisi

Riforma della PAC: braccio di ferro sul fondo di riserva per le crisi
credits: Albrecht Fietz da Pixabay

Europarlamento e ministri dell’Ambiente ancora distanti su questo punto della riforma della PAC

(Rinnovabili.it) – L’ultimo scoglio sulla via – già piuttosto tormentata – della riforma della PAC è il destino della riserva di crisi. Il dialogo si è arenato su questo punto, riporta Euractiv, con un braccio di ferro tra l’Europarlamento (appoggiato dalla Commissione) e i ministri dell’Ambiente degli Stati membri.

La riserva di crisi è un certo ammontare di fondi che può essere mobilitato per sostenere gli agricoltori in caso di una congiuntura sfavorevole. Nella versione precedente della politica agricola comune, la riserva veniva costituita anno dopo anno trattenendo una parte dei pagamenti diretti agli agricoltori. Si tratta di cifre elevate: 400 milioni di euro l’anno, per un totale sui 7 anni di 2,8 miliardi.

L’assemblea di Strasburgo, licenziando il testo rivisto della riforma della PAC alla fine del 2020, aveva approvato un emendamento in cui si stabiliva che i fondi per la riserva di crisi sarebbero invece dovuti essere un extra rispetto al budget della politica agricola comune. Una posizione che ha trovato la sponda dell’esecutivo UE.

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Il tentativo quindi è quello di cambiare decisamente direzione rispetto al passato. Perché, così ragiona l’europarlamento, la riserva di crisi non è mai stata utilizzata. Nemmeno nell’anno passato, durante la fase più dura del Covid. Questo significa, di fatto, che una parte dei pagamenti diretti agli agricoltori è stata trattenuta senza darle un impiego reale, e anzi diminuendo i margini di manovra per i coltivatori.

L’europarlamento propone di far partire la riserva di crisi con un fondo di 400 milioni di euro. E poi di ampliarlo di anno in anno fino a farlo arrivare a 1,5 miliardi. In questa cifra potrebbero confluire eventuali somme non spese, nell’ambito PAC, dall’anno precedente. Così facendo, in caso di crisi e quindi di utilizzo del fondo, non sarebbero gli agricoltori a rimetterci, pagando indirettamente il fondo di riserva.

Posizione che trova supporto anche in uno studio commissionato ad hoc dal Comitato Europeo delle Regioni per valutare la risposta delle aree rurali durante la pandemia e pubblicato ieri, che sostiene che “un’efficace riserva di crisi agricola è chiaramente una parte essenziale del kit di strumenti per rispondere a qualsiasi futura emergenza pandemica, e deve essere adeguatamente finanziata in modo sostenibile”.

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