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Ridurre gli imballaggi monouso, la discussione nell’UE è ancora aperta

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(Rinnovabili.it) – La discussione sulla riduzione degli imballaggi è ancora molto accesa in sede europea e gli Stati membri esprimono posizioni contrastanti.

L’obiettivo è giustissimo, ma le opinioni ancora divergono su temi portanti quali lo spreco alimentare, le garanzie per la conservazione dei cibi, la sicurezza alimentare.

Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida – pur concordando sulla necessità di ridurre gli imballaggi monouso e favorire il riutilizzo dei contenitori in vetro e in plastica – ha ribadito la sua opposizione alla proposta di riduzione degli imballaggi della Commissione Europea poiché ritiene che il dossier presentato sia carente in tanti aspetti.

La funzione degli imballaggi

Il punto da cui partire è che gli imballaggi sono necessari per proteggere e trasportare le merci. Inoltre, la loro fabbricazione è un’attività economica rilevante nell’Unione Europea.

Esistono tuttavia delle differenze da uno Stato all’altro su prescrizioni come l’etichettatura, la definizione di riciclabile o riutilizzabile, la responsabilità del produttore. Questo crea incertezza per le aziende.

Dal punto di vista ambientale, gli imballaggi sono uno dei principali utilizzatori di materiali vergini (il 40 % della plastica e il 50 % della carta utilizzati nell’UE sono destinati agli imballaggi) e rappresentano il 36 % dei rifiuti solidi urbani.

Va rilevato che con il Covid il volume degli imballaggi si è moltiplicato a causa dell’enorme crescita del commercio online.

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Nel 2030 solo imballaggi riusabili o riciclabili

Un imballaggio è definito “non riciclabile” se non può essere raccolto separatamente o non rientra nei normali processi di cernita e riciclo.

Può succedere che anche gli imballaggi che tecnicamente potrebbero essere riciclati nella pratica non lo sono per ragioni diverse.

In sintesi, la Commissione Europea vuole che entro il 2030 tutti gli imballaggi siano riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile, ovvero che si riducano gli imballaggi e i rifiuti ad essi riconducibili. Quindi si vuole potenziare l’economia circolare.

«Gli imballaggi per alimenti e bevande svolgono un ruolo essenziale per i consumatori perché proteggono e preservano i prodotti, ma contribuiscono anche alla crescente quantità di rifiuti di imballaggio nell’UE», ha dichiarato Peter Kullgren, ministro svedese degli Affari rurali e delle Infrastrutture.

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L’impatto sul settore agroalimentare

L’appunto fatto dall’Italia – che peraltro è campione europeo nell’economia circolare al 75% – riguarda proprio il «significativo impatto» sul settore agroalimentare. Lollobrigida ritiene incoerente l’imposizione di un repentino cambio di rotta della Commissione, quando «il PNRR prevede 2,1 miliardi di euro di investimenti su raccolta e riciclo, per ammodernare gli impianti e svilupparne di nuovi».

Con il nuovo regolamento sparirebbero dagli scaffali le confezioni monouso per frutta e verdura inferiori a 1,5 Kg (ad esempio le insalate in busta, che in Italia si acquistano regolarmente).

Il ministro sottolinea che «molte volte l’imballaggio è parte del marketing, basti pensare al vino» ed è contrario a «predeterminare i formati, al vuoto a rendere penalizzante per le esportazioni, all’obbligo di deposito cauzionale e al divieto di imballaggi monouso che recano informazioni importanti per il consumatore circa la tracciabilità, garantiscono l’igiene e rappresentano un mezzo per contrastare lo spreco alimentare e quindi le emissioni di CO2».

Lollobrigida ritiene che oltre alla sostenibilità ambientale si debba valutare anche quella economica. L’Italia, in definitiva, è d’accordo sugli obiettivi da raggiungere e sul dotarsi di una maggiore disciplina in merito agli imballaggi, ma «deve essere assicurata un’adeguata flessibilità» considerando gli sforzi compiuti da ogni Nazione per la riduzione dei rifiuti.

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