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Deforestazione: in Brasile, bisogna fermare il riciclaggio di bestiame

Circa il 15% di carne proveniente da attività di allevamento su terreni disboscati illegalmente in Brasile ha raggiunto l'Unione Europea tra il 2018 e il 2019. Occorre il tracciamento end-to-end.

Sul riciclaggio di bestiame, Greenpeace mette in guardia: basta comparare carne da allevamenti illegali

(Rinnovabili.it) – Un nuovo rapporto di Greenpeace mette in luce i dati del cosiddetto riciclaggio di bestiame in Brasile, vale a dire la pratica di allevamento su terreni disboscati illegalmente. Secondo i dati della ong, i più grandi macelli del paese, come JBS SA, Marfrig e Minerva, nel 2018 hanno acquistato migliaia di capi di bestiame legati alla deforestazione della foresta pluviale amazzonica.

L’allevamento è uno dei principali motori della deforestazione in Brasile, cresciuta lo scorso anno raggiungendo il picco degli ultimi 11 anni. Secondo i dati pubblicati dall’agenzia di ricerca spaziale INPE nel 2016, infatti, i pascoli di bestiame occupano circa il 60% dell’area disboscata dell’Amazzonia.

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Secondo quanto riferito dall’indagine di Greenpeace, tra gennaio 2018 e luglio 2019 i capi acquistati e provenienti da pratiche di riciclaggio di bestiame ammontano a 6000 unità per JBS, 2000 per Minerva e 300 per Marfrig. Gli animali provenivano da Barra Mansa, un’azienda di copertura situata nel Mato Grosso.

Durante quel periodo, seguendo la prassi del riciclaggio di bestiame, almeno 4000 capi sono stati trasferiti a Barra Mansa da un vicino ranch, chiamato Paredao. Secondo i registri catastali e i dati satellitari, Paredao si trova illegalmente all’interno di un parco statale ampiamente soggetto a deforestazione illegale. I registri pubblici mostrano che le aziende agricole condividono un unico proprietario.

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Raggiunte da Reuters, le tre aziende di trasformazione della carne hanno ribadito i loro impegni, presi nel 2009, di non acquistare bestiame da zone disboscate illegalmente o fattorie sotto embargo ambientale. Nello specifico, le aziende affermano che il sistema di localizzazione del bestiame brasiliano ha reso difficile controllare i cosiddetti “fornitori indiretti”, ad esempio aziende agricole non a norma che vendono bestiame ad aziende in regola.

Il rapporto descrive in dettaglio come i tre stabilimenti abbiano esportato circa 53.256 tonnellate di carne per un valore di 267 milioni di dollari, in periodi che corrispondono a quelli degli acquisti di bestiame da Barra Mansa. Hong Kong e gli Emirati Arabi Uniti sono stati i principali consumatori, mentre circa il 15% delle esportazioni ha raggiunto l’Europa.

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Tuttavia, la mancanza di tracciamento end-to-end nel mercato del bestiame brasiliano rende difficile per gli acquirenti sapere con certezza se la carne bovina è collegata alla deforestazione. “Nessun macello o supermercato in Brasile può garantire che tutti i bovini prodotti e acquistati non provengano da pratiche di riciclaggio di bestiame e, quindi, da terreni deforestati illegalmente”, afferma il rapporto di Greenpeace.