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Le proteine vegetali non sono carne: la Francia boccia il “meat sounding”

proteine vegetali
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In Francia un decreto difende i consumatori dalle terminologie ambigue

La Francia dice no alle proteine vegetali spacciate per carne. In un desiderio di chiarezza a tutto vantaggio dei consumatori, si oppone a quello che viene definito meat sounding che ingenera confusione al momento dell’acquisto.

La Francia ha notificato all’Unione Europea il progetto per un decreto che ha l’obiettivo di vietare l’utilizzo di alcune denominazioni normalmente utilizzate per la carne – hamburger, filetto, prosciutto, grigliata, salsiccia, etc. – per i prodotti a base di proteine vegetali.

Il passo analogo in Italia

Un passo analogo è stato fatto anche in Italia con il ddl 651 promosso dal MASAF e dal Ministero della Salute – “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”, già approvato dal Senato e in attesa del passaggio alla Camera – che vieta in via precauzionale la commercializzazione, l’importazione e la produzione di cibo sintetico.

La bozza del decreto francese, firmato dal Primo Ministro e dai ministri dell’Agricoltura e dell’Economia e delle Finanze, è molto preciso anche per quanto riguarda la terminologia da usare.

Infatti fa una distinzione per i termini consentiti per i prodotti che contengono proteine vegetali e quelli di origine animale che possono contenere proteine vegetali (di cui è indicata anche la percentuale massima).

In sostanza, il decreto vuole tutelare i consumatori facendo una distinzione tra i prodotti basati su proteine vegetali (o comunque contenenti proteine, ma non di origine animale) e quelli basati su proteine animale. Nel caso di violazioni delle disposizioni contenute nel decreto sono previste delle sanzioni.

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Le proteine vegetali non sostituiscono la carne

Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato, approva la decisione francese per cui «tra qualche mese non esisteranno più hamburger vegetali o bistecche di tofu e altre espressioni del cosiddetto meat sounding» e vede in questa scelta la conferma che anche l’Italia si sia mossa nella giusta direzione.

Una posizione fermamente contraria alle ambiguità lessicali è quella espressa da Coldiretti: «Permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di carne significa infatti favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima visto che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo».

Coldiretti chiede che una norma nazionale che faccia finalmente chiarezza per combattere una strategia di comunicazione ingannevole: i prodotti a base di proteine vegetali infatti non sono sostituti della carne, né per gusto né per valori nutrizionali. Ognuno scelga il regime alimentare che preferisce, purché sia correttamente informato sui prodotti in vendita.

Il parere della Corte di Giustizia europea

Anche la Corte di Giustizia europea in passato si è espressa sulla questione delle ambiguità: «i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come latte, crema di latte o panna, burro, formaggio e yogurt, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale». L’unica eccezione è il latte di mandorla italiano.

Il principio vale anche se «tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione».

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