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La bistecca salva-foreste? È a base di proteine microbiche

Uno studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research stima che sostituire il 20% della carne rossa con cibi a base di proteine da fermentazione possa tagliare del 50% la deforestazione legata ad allevamenti e mangimi animali entro la metà del secolo

Impatto climatico della carne: quanto inquina la bistecca in Europa?
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Le proteine microbiche si ottengono da funghi, lieviti, batteri o alghe

(Rinnovabili.it) – Le proteine dei funghi, dei lieviti e delle alghe possono aiutarci a dimezzare la deforestazione nel mondo. Se ogni 5 bistecche che mangiamo ne sostituissimo anche 1 sola con un pasto a base di proteine microbiche, daremmo un taglio al logging del 50% entro il 2050. Lo ha calcolato uno studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) pubblicato ieri su Nature.

Cosa sono le proteine microbiche?

Di che tipo di cibo stiamo parlando? Si tratta di una biomassa che assomiglia per consistenza e apporto nutritivo alla classica bistecca. Ma la si ottiene, tramite biotecnologie, dall’azione dei funghi, dei lieviti o di alcuni batteri e alghe, attraverso un processo di fermentazione.

Queste proteine microbiche, conosciute anche come proteine da cellula singola, si possono ottenere, ad esempio, grazie all’azione di funghi come Aspergillus oryzae, Fusarium venenatum, Sclerotium rolfsii, Polyporus e Trichoderma. Tra i lieviti, quelli solitamente più impiegati sono il Saccharomyces cerevisiae – il comunissimo lievito di birra – e il Pichia pastoris. Anche il batterio Rhodopseudomonas capsulata e l’alga spirulina sono utilizzati a livello industriale per la produzione di proteine da fermentazione microbica.

L’aspetto più importante è che la produzione di queste proteine può essere svincolata in larga parte dalla produzione agricola. Le materie prime impiegate, infatti, sono tipicamente zuccheri. “I nostri risultati mostrano che anche tenendo conto dello zucchero come materia prima, la proteina microbica richiede molto meno terreno agricolo rispetto alla carne di ruminante per lo stesso apporto proteico”, sottolinea Florian Humpenöder, ricercatore del PIK e autore principale dello studio.

Un surrogato vantaggioso

“Il sistema alimentare è all’origine di un terzo delle emissioni globali di gas serra, e la produzione di carne di ruminanti è la fonte maggiore”, spiega Humpenöder riferendosi all’impatto del consumo di suolo per pascolo e soprattutto per produzione di mangimi animali. Con una responsabilità che è condivisa anche da quelle regioni dove la deforestazione non arriva. L’impatto climatico della carne in Europa, infatti, è pari a quello di paesi come Olanda o Danimarca. Le 20 maggiori compagnie che operano nel nostro continente insieme emettono qualcosa come 244 Mt CO2e (milioni di tonnellate di CO2 equivalente) l’anno. In pratica, la stessa CO2 che tutta l’Italia emette in 6 mesi.

Per questo, rimpiazzare la bistecca (anche non integralmente, nella nostra dieta) con proteine microbiche genera un’onda lungo l’intero sistema alimentare mondiale. I ricercatori del PIK hanno simulato l’impatto di questo scambio con proteine alternative tenendo conto della crescita futura della popolazione mondiale e dell’incremento della domanda di proteine.

“Il numero ridotto di bovini non solo riduce la pressione sulla terra, ma riduce anche le emissioni di metano dal rumine del bestiame e le emissioni di protossido d’azoto dalla concimazione del mangime o dalla gestione del letame”, spiega ancora Humpenöder. “Quindi sostituire la carne rossa macinata con proteine microbiche sarebbe un ottimo inizio per ridurre gli impatti dannosi della produzione attuale di carne bovina”.