Tutto il mondo è a caccia di proteine
La crescita della popolazione mondiale comporta una richiesta sempre maggiore di proteine animali. Questo significa che l’approvvigionamento alimentare determina una pressione sull’ambiente è sempre più forte. Attualmente il 29% della superficie terrestre è destinato alla produzione di cibo. Le diete a base di proteine animali sono insostenibili dal punto di vista ambientale, anche perché i terreni adibiti alla coltivazione di prodotti destinati all’alimentazione animale sono sovrasfruttati e la loro biodiversità è seriamente compromessa. È impensabile aumentare la produzione di proteine animali, tuttavia anche le proteine vegetali presentano qualche problema: i legumi, ad esempio, hanno bisogno di acqua e terra coltivabile, due risorse che cominciano a scarseggiare.
Tra le tante ricerche attualmente in corso per fornire cibo sano e nutriente a una popolazione che sfiorerà i dieci miliardi di individui nel 2050, una delle più “sponsorizzate” è quella della carne coltivata. È un business potenzialmente miliardario che gode del finanziamento di grandi multinazionali, ma non c’è ancora la necessaria chiarezza sui suoi effetti sulla salute delle persone nel lungo periodo. Perché non sperimentare altre strade per avere proteine sufficienti per tutti? Questo è il principio che muove i ricercatori cinesi.
Leggi anche Le emissioni degli allevamenti saranno ridotte da un’alga tropicale?
Carbone e lieviti
Secondo i ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze (CAS), oggi la Cina importa circa l’80% delle materie prime che forniscono proteine: evidentemente questa situazione rappresenta un grave problema per la sicurezza alimentare del Paese. Lo sviluppo di fonti proteiche alternative sembra essere vantaggiosa in termini di costi e di sostenibilità ambientale. Lo studio Deciphering cell wall sensors enabling the construction of robust P. pastoris for single-cell protein production – pubblicato in “Biotechnology for Biofuels” – descrive la produzione di proteine unicellulari (SCP) utilizzando lieviti e cellule algali. Queste proteine sono adatte sia per l’alimentazione umana che per quella animale. Quindi una valida alternativa alle fonti proteiche tradizionali.
Gli studi del CAS hanno portato a un risultato alquanto sorprendente: produrre proteine dai combustibili fossili, basandosi sulla biotecnologia da olio-proteina introdotta dalla BP negli anni Sessanta. Gli scienziati del CAS trasformano il carbone in metanolo attraverso la gassificazione, un processo a emissioni quasi zero.
Il metanolo viene somministrato a un ceppo di lievito Pichia pastoris, che lo fermenta per produrre una proteina unicellulare completa di una gamma di aminoacidi, vitamine, sali inorganici, grassi e carboidrati. L’organismo risultante è molto più ricco di proteine rispetto alle piante e può essere utilizzato per sostituire parzialmente pesce, soia, carne e latte scremato in una serie di mangimi per animali. La svolta per mettere insieme sicurezza alimentare e sostenibilità arriverà dai combustibili fossili?