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Proteine alternative, il Parlamento Europeo chiede un’accelerazione

Il Parlamento Europeo chiede di accelerare la transizione verde anche puntando sulla promozione delle proteine alternative. Le posizioni nell’UE non sono unanimi, a cominciare da quella dell’Italia, ma la sicurezza dei consumatori deve essere comunque al primo posto

Foto di Eszter Miller da Pixabay

Transizione verde e sicurezza dei consumatori

Le proteine alternative sono un elemento chiave per portare avanti quella lotta ai cambiamenti climatici che è uno dei pilastri del Green Deal dell’Unione Europea. Secondaria, ma non troppo, è l’esigenza di diminuire la dipendenza dalle importazioni.

Le richieste del Parlamento Europeo

Questi i punti alla base della relazione del Parlamento Europeo sulla EU Protein Strategy.

La transizione dei sistemi alimentari coinvolge ovviamente tutta la filiera produttiva che riguarda la produzione agroalimentare, in primis agricoltura e allevamenti.

Tra le proteine alternative rientra la carne coltivata, all’origine di un aspro confronto ancora lontano dall’essere risolto.

A tale proposito, il Parlamento ha respinto le richieste di una normativa più severa per l’autorizzazione e ha chiesto alla Commissione Europea di agevolare l’introduzione sui mercati comunitari di questi prodotti previa emissione di un documento tecnico-scientifico a supporto delle aziende produttrici.

Le proteine alternative sono prodotte da cellule vegetali o animali; per farle essere appetibili all’occhio e al gusto si devono aggiungere additivi di vario tipo, per renderle interessanti per il portafogli devono avere un costo uguale o inferiore ai tradizionali prodotti di origine animale.

A fronte del minore consumo di terra e di acqua rispetto agli allevamenti e di minori emissioni gas serra, non è ancora chiaro il consumo energetico necessario per il funzionamento degli impianti di produzione di carne coltivata.

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La scelta italiana

La scelta italiana di vietare la carne coltivata è stata vista con una certa insofferenza in Europa. La ricerca è ancora in corso, e così gli studi sui suoi effetti sulla salute delle persone. Tuttavia, la posizione italiana sulle proteine alternative è stata letta come un pregiudizio che impedisce di adottare una innovazione potenzialmente decisiva per la transizione verso sistemi alimentari più sostenibili.

L’Italia nel frattempo ha dovuto ritirare la notifica del ddl 651 “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”.

Una marcia indietro per una questione di incongruenza normativa, in quanto la legislazione europea prevale su quella degli Stati membri. Quindi, in virtù della procedura di notifica TRIS, l’UE avrebbe potuto bocciare la disposizione italiana.

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Al di là delle diverse posizioni assunte sulle proteine alternative (è anche bene ricordare che sono fonte di un business miliardario), ci permettiamo di rilevare che la sicurezza dei consumatori europei deve essere un punto fondante di ogni nuovo orientamento in campo alimentare.

Tra le tante soluzioni, non sottovalutiamo il fatto di puntare su seri ed efficaci programmi di educazione alimentare: diminuire il consumo di carne in favore di regimi più sani ed equilibrati per la salute, come la dieta mediterranea, fa bene alle persone e all’ambiente.