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Sostenibilità e innovazione così il Prosecco guarda al futuro

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Foto di Robert Forster da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Non può esistere sostenibilità senza innovazione, anche se deve essere ancorata ai valori del territorio. in questa relazione è la chiave per immaginare il futuro dell’agricoltura. In questa sintesi efficace di Innocente Nardi, presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG si legge il percorso intrapreso con successo dai produttori di Prosecco determinati a costruire un futuro sostenibile. Questa posizione conferma da un lato l’importanza della sostenibilità in agricoltura, dall’altro che si tratta di una strada non solo percorribile ma generatrice di futuro e di giusto profitto. 

In un interessante evento a conclusione del Conegliano Valdobbiadene Festival – VitaeFuture 2021 – moderato con piglio spumeggiante (è proprio il caso di dirlo!) dalla giornalista Maria Pia Zorzi, si sono confrontate persone di diversa estrazione professionale ma animate da un sentire comune. Nel corso di VitaeFuture 2021 si è discusso di come i produttori di Prosecco interpretano temi come la sostenibilità ambientale, la crisi climatica, l’impatto dell’agricoltura in rapporto al territorio e alle comunità che lo abitano.

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Con il clima cambiano anche le colture

Molto serio l’appello di Marco Cattaneo, direttore di National Geographic: «Il clima sta cambiando sotto i nostri occhi, e con lui sta cambiando il mondo. Nei prossimi cinque anni il clima potrebbe superare la crescita di 1,5°, come la soglia limite di “sopportazione” del Pianeta». Il concetto che è ancora difficile far comprendere è che il cambiamento climatico non è locale, è globale. Quindi se il riscaldamento nell’Artico canadese rende le temperature più miti in quell’area, nello stesso tempo altera l’equilibrio climatico alle nostre latitudini. Dov’è il problema, si chiederà qualcuno. Nonostante pandemia e lockdown l’anidride carbonica è aumentata ugualmente a livelli record, e questo impone una lettura proiettata nel lungo periodo. Tra 50 anni (sembrano lontani, ma arrivano incredibilmente in fretta quando c’è un’emergenza) le aree tropicali saranno invivibili, con temperature medie superiori a 40° che porteranno con sé l’inevitabile aumento delle migrazioni.

Qualcuno obietta anche che si tratta di fasi climatiche che ci sono sempre state nei millenni. La risposta è sicuramente affermativa, ma allora non c’era l’uomo. Negli ultimi 10mila anni la presenza dell’uomo ha agito come effetto moltiplicatore. C’è un legame stretto fra agricoltura, cambiamento climatico e migrazioni. Se ne sono accorti gli agricoltori che negli ultimi 50 anni hanno visto cambiare l’agricoltura in modo preoccupante.

In Sicilia, da sempre regno incontrastato degli agrumi, oggi si coltivano frutti tropicali come mango, papaya e avocado; sembra impossibile che il Sud, famoso per la quantità e qualità dei suoi pomodori, sia stato sorpassato dal Nord. Quarant’anni fa si vendemmiava tra ottobre e novembre, ora si inizia a fine agosto. Non sarà facile contrastare il cambiamento climatico, ammonisce Cattaneo, ma limitare i danni e frenarne l’accelerazione non solo si può, ma si deve. Il nocciolo vero del problema è che il clima non è un problema di schieramento politico, ma di buona politica che deve saper ragionare in termini di futuro e affiancare chi lavora in agricoltura, perché solo così si potrà sostenere il sistema agroalimentare.

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Mettere sempre al centro l’uomo

Padre Enzo Fortunato, direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi, si mostra ottimista, una soluzione c’è: «mettere sempre al centro l’uomo», come esorta Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Sì’. Dio ha posto l’uomo sulla Terra perché la abitasse in un rapporto di reciproco rispetto con il creato. Se l’uomo sfrutta l’ambiente e lo distrugge, questo si ribella e gli si rivolta contro. Molto bella la differenza tra crescita e sviluppo sottolineata da Papa Francesco e sottolineata da Padre Enzo: «Tutto cresce anche gli alberi, l’uomo invece si sviluppa, toglie i lacci che gli impediscono di crescere e svilupparsi. I viluppi che non ci fanno crescere sono rappresentati dell’egoismo. Non c’è sviluppo se l’altro è tuo schiavo, non fa crescere una fede strumentale e magica. La vera fede cambia la nostra visione del mondo, immaginato come una molteplicità di realtà. Lo sviluppo è mettere insieme tante cose in un mosaico che dà la visione complessiva della vita».

Padre Enzo ha ricordato che dobbiamo ad Hans Carl von Carlowitz la nascita del concetto di sostenibilità spiegata nel 1713 in Sylvicultura Oeconomica: qui illustrò il principio per cui si doveva fare un uso delle foreste che abbattesse tanti alberi quanti ne sarebbero successivamente ricresciuti. Così le generazioni successive avrebbero avuto le stesse possibilità delle precedenti in termini di sfruttamento delle foreste: rispetto dell’ambiente e rispetto delle persone.

L’innovazione ha bisogno di una direzione

Com’è cambiata l’economia con l’innovazione tecnologica? Luca De Biase, editor di innovazione in Sole 24Ore e Nova24, sottolinea che negli ultimi anni in Italia si produce il 30% di vino in meno, ma il fatturato è 5 volte superiore e l’export è cresciuto di 8 volte. Questo significa che una maggiore conoscenza porta a produrre in modo più sano, come testimonia l’evoluzione dei vitigni per il Prosecco. Si è persa l’autoreferenzialità dell’innovazione, quando si riteneva che la tecnologia dovesse solo migliorare se stessa.

L’innovazione ha bisogno di una direzione, di un percorso da seguire per raggiungere un obiettivo; da dove veniamo e dove andiamo è la domanda da porsi perché la tecnologia possa adattarsi e rispondere al cambiamento. È il processo a cui il Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG si sta dedicando per affrontare l’impatto del cambiamento climatico in chiave sostenibile. Meno consumo di acqua, meno chimica, più produzione di valore. Sguardo proiettato nel lungo periodo e intelligenza: queste sono le chiavi per affrontare meglio il futuro dell’agricoltura. Tradizione e innovazione, ricorda De Biase, non sono in contrasto come non lo sono natura e tecnologia: «La tradizione è la sorgente culturale che dice come sono le cose fatte bene, l’innovazione le adegua al cambiamento. Sta a noi scegliere le migliori».

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