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L’Europa apparecchia la tavola ai nuovi OGM

Bruxelles crea una categoria ad hoc per le colture ottenute con alcune tecniche di evoluzione assistita (TEA) e le assimila ai prodotti naturali. Non saranno più considerate OGM e non dovranno sottostare a obblighi di valutazione del rischio, tracciabilità ed etichettatura

Proposta UE sui nuovi OGM: Bruxelles sdogana le TEA
crediti: EC Visual

I nuovi OGM sono ottenuti con la biotecnologia CRISPR Cas9

(Rinnovabili.it) – L’Unione Europea ha sdoganato i nuovi OGM. I prodotti ottenuti tramite tecniche di evoluzione assistita (TEA), che Bruxelles chiama new genomic techniques (NGTs), potranno essere creati e venduti senza nessuna indicazione sulla loro origine in etichetta. Soltanto i semi geneticamente modificati dovranno avere questa informazione. In più, non sarà obbligatorio alcun metodo per tracciare il tratto di dna modificato e i suoi eventuali incroci successivi (che quindi potranno interessare anche colture biologiche, vista l’assenza di controlli e di misure di coesistenza). È la parte più dirompente della nuova proposta UE sui nuovi OGM, pubblicata oggi insieme ad altri provvedimenti sull’uso sostenibile delle risorse naturali.

Cosa sono le tecniche di evoluzione assistita (TEA)?

Le regole europee sugli OGM risalgono al 2001 e sono state modificate nel 2015 ma solo per alcuni aspetti sulle procedure di autorizzazione. La definizione di organismo geneticamente modificato resta la stessa. Una definizione che oggi torna sotto i riflettori, visto che la proposta UE sui nuovi OGM ha stabilito che quelli ottenuti tramite le TEA, ovvero tramite gene editing che non introduce elementi di dna estraneo nell’organismo-bersaglio, non sono, in effetti, degli OGM.

Le tecniche di creazione degli OGM più obsolete combinavano alcuni tratti estranei all’organismo che si voleva modificare. Un’operazione che non può avvenire in natura. Le nuove tecniche per ottenere OGM 2.0, invece, si basano su un procedimento diverso. Si tratta della biotecnologia CRISPR Cas9, una “forbice molecolare” che è programmata per tagliare il dna in un punto più o meno preciso per cancellarne una parte o per inserirvi una breve stringa, che proviene da un organismo della stessa specie di quella bersaglio.

Per questo motivo, i fautori delle TEA sostengono che gli organismi così ottenuti non sono OGM e che chi li crea non fa altro che replicare ciò che avviene comunemente in natura. Tuttavia, una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 2018 ha intimato l’altolà: anche i nuovi OGM devono essere assimilati a quelli “tradizionali”, e devono quindi essere sottoposti a tutti gli obblighi vigenti di valutazione del rischio, tracciabilità e etichettatura.

Cosa cambia con la proposta UE sui nuovi OGM

È proprio per aggirare questo ostacolo che la proposta UE sui nuovi OGM introduce una classificazione per le tipologie di organismi ottenuti con TEA/NGTs (limitatamente a mutagenesi mirata, cisgenesi e intragenesi, o una loro combinazione). Nella categoria NGT1, la proposta di regolamento UE inserisce tutti gli organismi geneticamente modificati tramite TEA con al massimo 20 diverse modifiche genetiche e un numero qualsiasi di soppressioni e di inversioni di parti del dna. Agli occhi di Bruxelles, gli organismi così ottenuti non devono più essere chiamati OGM perché sarebbe possibili ottenerli anche tramite il normale processo evolutivo di selezione naturale. E non sono quindi più soggetti ai vincoli tradizionali. Devono solo comunicare di rispettare i criteri previsti da questo regolamento. I nuovi OGM introdotti saranno inseriti in un database comune (ma chi li introduce può chiedere di non menzionare alcuni aspetti per ragioni di segreto industriale).

L’altra categoria, NGT 2, prevede invece una valutazione del rischio e l’obbligo di etichettatura, a cui viene affiancata la possibilità di aggiungere qualsiasi dicitura che sottolinei l’utilità delle proprietà “modificate”. L’UE non dà poi indicazione alcuna su come prevenire la contaminazione di colture naturali da parte di organismi modificati con le tecniche di evoluzione assistita: sono i singoli paesi a poter decidere come comportarsi. In ogni caso, gli stati non si possono opporre alla loro introduzione nei campi (mentre resta il divieto di impiegarli nell’agricoltura biologica).

Per anni, le multinazionali dell’agribusiness, parte della comunità scientifica e molti sindacati di categoria di paesi europei hanno spinto per la deregulation degli OGM 2.0. Gli argomenti usati sono diversi e includono il fatto che le TEA si limiterebbero ad accelerare un processo naturale, i benefici dei nuovi OGM per adattare l’agricoltura alla crisi climatica (ad esempio, creando varietà più resistenti alla siccità o a determinati parassiti) e per migliorare la sicurezza alimentare. L’Italia ha già fatto un passo avanti in questa direzione a maggio, avvicinando la possibilità di sperimentazione in campo grazie a un emendamento al decreto Siccità.

La proposta di regolamento UE sui nuovi OGM inoltre riduce la burocrazia per le aziende e soprattutto per le PMI diminuendo la complessità, la durata e i costi delle domande di autorizzazione. Inoltre, eliminerà quasi tutti i costi per le colture di categoria NGT 2, cioè soggette alla procedura di verifica.