di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Per proteggere le colture da piante infestanti, insetti, funghi e malattie usiamo ancora troppi pesticidi, anche se in Italia il loro uso è in calo. La prima domanda che sorge spontanea è quale sia l’impatto dei pesticidi sulla salute dell’uomo, la seconda se ci siano ripercussioni anche sulla salute del Pianeta.
La pandemia ha posto all’attenzione del mondo il fatto che uomo e Pianeta sono legati tra loro; stiamo pagando costi e vite a un’emergenza climatica figlia di azioni umane che hanno sfruttato le risorse naturali pensando che non si sarebbero mai esaurite. Invece, senza un cambiamento sistemico globale la salute dell’ecosistema sarà definitivamente compromessa.
Possibile che non esistano tecniche di prevenzione o di intervento diverse? Secondo Legambiente e Alce Nero, che hanno realizzato il dossier Stop pesticidi 2021 che analizza l’impiego di pesticidi in ambito agricolo, le alternative ci sono: corrette pratiche di gestione agronomica, uso di organismi competitori, fitofarmaci di origine naturale.
Il biologico come elemento strategico per la transizione ecologica
Le strategie europee Biodiversità e Farm to Fork puntano alla sostenibilità del settore agroalimentare. L’obiettivo al 2030 è la riduzione del 50% dei pesticidi e degli antibiotici usati negli allevamenti, e del 20% dei fertilizzanti; il 25% dei terreni agricoli dovrà essere dedicato al biologico e il 10% delle aree agricole dovrà essere destinato a fasce tampone e zone ad alta biodiversità.
L’Italia è leader europeo del biologico. Una “maglia verde” conquistata con 80mila operatori e 2 milioni di ettari coltivati (il 15% della superficie agricola utilizzabile).
La legge sull’agricoltura biologica è a un passo dall’approvazione definitiva: un indicatore richiesto sia dai consumatori – sempre più esigenti e informati sulla sostenibilità dei prodotti agroalimentari informati – che dalle tante aziende del settore avviate con successo verso la transizione verde.
Fare quest’ultimo passo sarebbe un segnale importante per stimolare il settore, renderlo più competitivo e fare dell’Italia un esempio trainante per l’Europa.
L’analisi dei campioni
Dall’analisi di 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale (compresi quelli derivanti dall’apicoltura) la buona notizia è che la percentuale di campioni irregolari è decisamente bassa (1,39%), mentre il 63,29% sono regolari e senza residuo.
La maggiore concentrazione di residui è nella frutta: i fitofarmaci sono presenti nell’uva da tavola (85,71%), nelle pere (82,14%), nelle fragole (71,79%) e nelle pesche (67,39%). Le maggiori irregolarità si riscontrano negli agrumi, nei piccoli frutti e nella frutta esotica.
La verdura ha una buona percentuale di alimenti senza residui (73,81%), però pomodori e peperoni hanno elevate quantità di fitofarmaci (rispettivamente 60,20% e 48,15% dei campioni analizzati).
Tra gli alimenti trasformati, vino (39,90%) e miele (20%) hanno la maggiore quantità di residui permessi.
I danni alla salute
Ingestione, contatto e inalazione sono le principali modalità con cui le sostanze chimiche entrano nell’organismo (nelle fasi di coltivazione, trasporto, vendita e consumo). Se è evidente l’esposizione ai pesticidi per gli operatori del settore, anche i cittadini possono avere problemi attraverso gli alimenti, la gestione del verde urbano, la contaminazione diffusa sul territorio, perfino dagli antiparassitari usati per gli animali domestici.
Gli effetti cambiano a seconda dello stato di salute della persona, del tipo di pesticida e della durata dell’esposizione. A volte la difficoltà a espellerli porta a un accumulo che si manifesta con effetti tossici di vario tipo (neurologici, respiratori, oncologici, etc.). In sostanza, secondo il rapporto Stop pesticidi 2021 le sostanze di sintesi sono sempre dannose.
Il biologico è anche un business
Si è detto che l’Europa punta al biologico e l’andamento del mercato in Italia dimostra che è i prodotti bio sono anche un ottimo business: dal 2011 al 2010 i fatturati sono cresciuti del 123%. La richiesta di alimenti biologici è in crescita costante e questo evidentemente porta con sé anche la crescita dell’occupazione nel settore.
È opportuno evidenziare, tuttavia, che il biologico non è tutto uguale, quindi attenzione alle etichette dove è indicata la provenienza. I Paesi UE, e soprattutto l’Italia, hanno norme piuttosto severe per gli standard di qualità; non altrettanto si può dire per i prodotti importati dai Paesi non UE, dove le norme sono molto meno rigorose. Differenze tutt’altro che insignificanti per la salute dei consumatori.
Puntare sulle buone pratiche agronomiche e sulla formazione degli operatori
Come ha spiegato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, «dobbiamo adoperarci per raggiungere obiettivi sempre più sfidanti, sollecitando i decisori politici nazionali e comunitari a mettere in atto politiche incentivanti, come indicato con chiarezza dalle strategie Farm to Fork e Biodiversità.
È importante puntare con impegno e determinazione sulle buone pratiche agronomiche che garantiscono la conservazione della biodiversità e adottare le tecniche innovative e digitali per prevenire ed evitare l’utilizzo di molecole di sintesi, utilizzando metodi alternativi meno impattanti, implementando ricerca e sperimentazione e favorendo percorsi specifici di formazione e informazione dedicati agli operatori del settore agricolo.
Bisogna, inoltre, moltiplicare ulteriormente in quantità e qualità le analisi effettuate su campioni di prodotti alimentari, estendendo al sistema delle analisi chimiche sistemi complementari basati sul biomonitoraggio, oltre a effettuare campionamenti anche per la ricerca di principi attivi nel suolo».