Il riconoscimento assegnato al WFP dimostra che sicurezza alimentare, pace e stabilità sono strettamente interconnesse. Senza la pace non potremo raggiungere l’obiettivo globale di fame zero nel mondo e finché ci sarà la fame il mondo non conoscerà la pace
Assegnato dal Comitato norvegese il Premio Nobel per la Pace 2020
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – «Per i suoi sforzi per combattere la fame, usata come arma di guerra. Per il suo contributo al miglioramento delle condizioni per la pace in aree colpite da conflitti e per il suo agire come forza trainante per evitare l’uso della fame come arma di guerra e di conflitto». Con queste motivazioni il Comitato dei Nobel ha deciso di assegnare il Premio Nobel per la Pace 2020 al World Food Programme (WFP), «che ha dimostrato una straordinaria capacità di moltiplicare i propri sforzi per soccorrere popolazioni stremate dai conflitti e dalla pandemia di Coronavirus», una combinazione che ha fatto aumentare le vittime della fame nel mondo.
Nel 1961 George McGovern propose alla FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, impegnata a sconfiggere la fame e dare a tutti l’accesso al cibo di qualità) di creare un programma sperimentale per distribuire aiuti alimentari attraverso l’ONU, come voleva l’allora Presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower; nel 1965 il WFP divenne programma ufficiale dell’ONU. Come si legge nel sito del WFP – che ha sede a Roma e dipende dalla FAO – «con 86,7 milioni di persone assistite in circa 83 paesi ogni anno, è la principale organizzazione umanitaria e agenzia delle Nazioni Unite impegnata a salvare e cambiare le vite, fornendo assistenza alimentare nelle emergenze e lavorando con le comunità per migliorarne la nutrizione e costruirne la resilienza».
Un Premio Nobel dall’importante valore simbolico
Il Premio Nobel al WFP è stato una sorpresa: si scommetteva su altri candidati come Greta Thunberg, il dissidente russo Alexei Navalny, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma in un momento grave come quello attuale, in cui lo spettro della fame si sta allargando sempre di più come conseguenza della pandemia, il Premio Nobel per la pace al WFP invia un segnale etico importante dal punto di vista ambientale, economico e sociale: è un’esortazione alla lotta allo spreco, alla conservazione della biodiversità, al sostegno ai piccoli produttori agricoli per abbattere i costi di produzione e distribuzione. In un mondo affamato, lo spreco è un’insopportabile contraddizione: nei paesi in via di sviluppo il 40% della produzione si perde per mancanza di infrastrutture di stoccaggio e di trasporto.
L’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite si propone di sconfiggere la fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. Eppure nel 2020 una persona su nove ancora non ha cibo a sufficienza. Nel 2019 il WFP ha portato il suo aiuto in 88 paesi dove quasi 100 milioni di persone soffrono per la fame e l’insicurezza alimentare: ogni giorno 5.000 camion, 20 navi e 92 aerei del WFP portano cibo e altri tipi di assistenza a chi ne ha bisogno, ovvero ogni anno vengono distribuiti 15 miliardi di razioni alimentari. Gli aiuti del WFP sono rivolti per due terzi alle zone di guerra, dove il rischio di denutrizione è tre volte più alto, con particolare attenzione alle mamme e ai bambini: ogni anno fornisce 16 milioni di pasti a scuola in regioni inaccessibili. Il WFP interviene dove ci sono criticità come siccità, inondazioni, terremoti, disastri naturali che annientano la vita di intere comunità. Passata l’emergenza il WFP non le abbandona ma «le aiuta a rimettere insieme le vite delle persone e a ripristinarne i mezzi di sostentamento».
Il WFP è interamente finanziato da governi, imprese, cittadini. Il 90% dei 17.000 dipendenti si trova nei Paesi in cui sono attivi i programmi di assistenza. Ogni anno acquista 3 milioni di tonnellate di cibo, preferibilmente vicino alle zone di intervento: questo consente di risparmiare tempo, abbattere i costi di trasporto e sostenere l’economia locale. Lavora con i governi nazionali, la società civile, le imprese, organizzazioni locali e internazionali: una rete di relazioni multilaterali fondamentale per affrontare le emergenze del mondo globalizzato. L’innovazione tecnologica e l’uso delle piattaforme digitali hanno migliorato l’efficienza del WFP, che fornisce supporto alle agenzie ONU e alle ONG per intervenire nelle emergenze nel giro di poche ore.
Dove c’è un conflitto c’è anche la fame
Il direttore esecutivo del WFP, David Beasley, nel commentare con gratitudine l’assegnazione del Premio Nobel ha ricordato l’impegno instancabile di chi si dedica ogni giorno ad aiutare «quanti hanno le vite brutalmente colpite da instabilità, insicurezza e conflitti. Laddove c’è un conflitto c’è anche la fame. E dove c’è fame, spesso ci sono conflitti. Il riconoscimento di oggi ci ricorda che la sicurezza alimentare, la pace e la stabilità sono strettamente interconnesse. Senza la pace non potremo raggiungere l’obiettivo globale di fame zero nel mondo, e finché ci sarà fame, il mondo non vedrà mai la pace».