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L’OCSE boccia la politica agricola comune UE: non è sostenibile

Politica agricola comune: l’OCSE boccia 10 anni di PAC
Foto di no one cares su Unsplash

Nel 2021 l’UE ha approvato la riforma della PAC 2023-2027

(Rinnovabili.it) – La politica agricola comune dell’UE (PAC) è pensata male e implementata peggio. I suoi risultati sul fronte della sostenibilità “non sono in linea con le aspettative”, anzi sono in una fase di stallo. Tutto questo nonostante la PAC si mangi quasi un terzo del budget totale dell’Unione e la riforma completata nel 2021 sia una pietra angolare del Green Deal. La sferzata a Bruxelles arriva dall’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che in un rapporto appena pubblicato ha passato ai raggi x i risultati ottenuti tra il 2014 e il 2022.

“Attualmente esiste un divario tra le ambizioni politiche in materia di sostenibilità ambientale e i risultati osservabili”, scrive l’OCSE sugli ultimi 10 anni di politica agricola comune UE. Lo stallo sarebbe dovuto più alla progettazione e all’attuazione delle politiche piuttosto che ad un’ambizione insufficiente o alla mancanza di risorse.

Troppa flessibilità nella politica agricola comune

I problemi sono diversi, ma il principale è l’eccessiva flessibilità del sistema. “Un lungo processo di riforma politica si è spesso tradotto in un’eccessiva flessibilità per gli Stati membri e in una riduzione degli incentivi ad attuare politiche con chiare implicazioni per la sostenibilità ambientale. Invece, tali flessibilità hanno consentito loro di scegliere opzioni a basso costo con benefici di sostenibilità limitati”, nota il rapporto. Negoziati protratti con esiti sempre al ribasso per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, l’inquinamento e la tutela della biodiversità hanno caratterizzato anche il percorso dell’ultima riforma della PAC concluso due anni fa.

Guarire la PAC

Come cambiare rotta? Uno dei punti principali, secondo l’OCSE, riguarda il modo in cui sono (mal) legati i pagamenti agli agricoltori e i vincoli di sostenibilità. Oggi si usa lo strumento dei pagamenti diretti sia per fornire supporto al reddito sia per premiare il rispetto di criteri di sostenibilità, mentre i due ambiti dovrebbero essere separati per avere risultati migliori e liberare più risorse da destinare alle attività che eccellono nella tutela degli ecosistemi. Si tratterebbe, quindi, di “allineare le spese della PAC alle priorità ambientali e climatiche”.

Un secondo ambito d’azione riguarda i risultati. Oggi i pagamenti sono in larga misura svincolati dai risultati effettivamente ottenuti. Un aspetto che disincentiva il rispetto di standard di sostenibilità. E che può essere raddrizzato legando i pagamenti ai risultati sul fronte dei servizi ambientali e, in parallelo, introducendo l’obbligo di rendicontazione sui risultati ottenuti.

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