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I lobbisti dell’agribusiness allungano le mani sulla politica agricola comune

Politica agricola comune: l’UE ascolta solo l’agribusiness
Foto di Gerhard G. da Pixabay

Mentre si prepara il nuovo round di negoziati sulla riforma della Pac

(Rinnovabili.it) – Dopo la Caporetto di fine maggio, i negoziati sulla riforma della politica agricola comune ripartono con il piede sbagliato. La nuova Pac vale un terzo del bilancio dell’Unione Europea ma i paesi membri scelgono di dare un ruolo privilegiato a chi rappresenta gli interessi delle grandi aziende agricole.

Il 15 giugno si è tenuta la riunione dell’Agrifish, con la riforma della Pac al primo punto in agenda. Una riunione informale e a porte chiuse, alla quale i ministri dell’agricoltura dei Ventisette hanno pensato di invitare il Copa-Cogeca, il grande sindacato europeo che cura gli interessi dell’agribusiness. E che porta avanti una sistematica azione di lobbying che, finora, ha avuto i risultati sperati.

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Il sindacato è uno dei maggiori sponsor di una politica agricola comune che non si distanzi troppo da quella passata. Soprattutto sugli aspetti più delicati. Copa-Cogeca è contrario soprattutto all’introduzione di un tetto massimo ai sussidi che possono ricevere le aziende. Una misura che permetterebbe di correggere la stortura più evidente della vecchia Pac: dati alla mano, l’80% dei fondi è finito nelle tasche del 20% di aziende più grandi, alimentando così un modello poco sostenibile di agricoltura.

Il commissario per l’agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski, si è difeso dicendo che “analizziamo tutti i segnali degli agricoltori e teniamo conto della posizione di tutte le organizzazioni di agricoltori”. Resta il fatto che all’Agrifish la voce ascoltata è stata una sola, anche se – come sottolinea il Commissario – il Copa-Cogeca ha partecipato solo alla prima parte della riunione.

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Facile immaginare che il Consiglio non cambierà molto la sua posizione quando dovrà sedersi di nuovo al tavolo con l’europarlamento. Nell’ultimo round tutto è collassato perché il Consiglio non ha voluto nemmeno parlare di compromessi e ha avanzato delle controproposte che, ai negoziatori per il parlamento europeo, sono sembrate “un insulto”. Tra i nodi al centro del dibattito, oltre al tetto massimo (meccanismo di capping), anche la fisionomia degli ecoschemi e la condizionalità sociale.

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