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Come il PNRR sostiene il settore agroalimentare

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Foto di Free-Photos da Pixabay

 di Angelo Riccaboni e Eugenio Carli

(Rinnovabili.it) – Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano trasmesso alla Commissione europea il 30 aprile, gran parte degli interventi che riguarda direttamente il settore agroalimentare rientra nella Missione n. 2, denominata “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e, in particolare, nella Componente 1 “Economia circolare e agricoltura sostenibile”, a cui il PNRR destina 5,27 miliardi di euro

Tra gli obiettivi generali di questa Componente, viene in rilievo lo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile attraverso il miglioramento delle prestazioni ambientali e la competitività delle aziende agricole, tema centrale alla luce delle sfide attuali che interessano il Paese e delle iniziative europee in materia di sostenibilità dei sistemi agroalimentari.

La Componente summenzionata consta di tre Misure (o Ambiti di intervento), a loro volta declinate in otto Investimenti e tre Riforme, quest’ultime incentrate esclusivamente sulla gestione dei rifiuti in un’ottica di economia circolare.

La Misura n. 2 riguarda specificamente lo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile e comprende tre Investimenti, rispettivamente dedicati alla logistica per i settori agroalimentare, pesca e acquacoltura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo, alla realizzazione di un Parco Agrisolare e, infine, all’innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo e alimentare, per un totale di 2,8 miliardi di euro. 

Le altre due Misure previste dal PNRR nel quadro della Componente 1, invece, toccano il settore agroalimentare in maniera più tangenziale e riguardano la gestione dei rifiuti secondo il paradigma dell’economia circolare (ad esempio, realizzazione di nuovi impianti e riforma per l’attuazione di una nuova Strategia nazionale per l’economia circolare) e lo sviluppo di progetti integrati (come isole verdi e green communities). Quest’ultima Misura appare comunque interessante (anche se le risorse allocate sono piuttosto limitate), poiché intende sostenere lo sviluppo sostenibile dei territori rurali e di montagna – centrali per la produzione agricola ma eccessivamente distaccati dalle realtà urbane – anche grazie alla creazione di comunità locali per la gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale. 

Da un punto di vista contenutistico, gli investimenti della Misura n. 2 toccano soprattutto aspetti riguardanti l’ammodernamento e l’efficientamento delle infrastrutture. L’Investimento n. 1, ad esempio, s’incentra sull’attuazione di un piano logistico che migliori la sostenibilità del settore agroalimentare, mentre l’Investimento n. 3 sul Parco agrisolare ambisce all’installazione di pannelli a energia solare e alla riqualificazione delle strutture produttive. Si tratta pertanto di interventi, se vogliamo, periferici e che solo in parte affrontano nella sostanza le note sfide del settore agroalimentare italiano, quali la frammentazione del tessuto produttivo, i ridotti livelli di redditività per gli imprenditori agricoli, l’impatto generato dai cambiamenti climatici, l’alto tasso di lavoro irregolare e lo scarso ricorso all’innovazione.

È pur vero, d’altra parte, che alcune di queste sfide potranno essere affrontate ricorrendo ad altre misure previste dal PNRR e non direttamente incentrate sul settore agroalimentare. Si pensi, ad esempio, alla transizione digitale (che costituisce uno dei tre assi strategici del Piano e al quale va circa il 27% delle risorse previste dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza), di cui il settore agricolo italiano ha particolare necessità, o al trasferimento tecnologico (affrontato nel quadro della Missione n. 4 su istruzione e ricerca, Componente 2 “Dalla ricerca all’impresa”), che può consentire, tra le altre cose, una più rapida ed efficiente attuazione dell’innovazione (tecnologica, organizzativa e sociale), elemento fondamentale per garantire la sostenibilità e la resilienza di un settore che, in Italia, è ancora in buona parte legato a metodologie tradizionali non più sostenibili. 

Sempre nel quadro della Missione n. 2, Componente 2 (“Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile”), è molto interessante, nell’ottica di un sistema agricolo resiliente e sostenibile, l’Investimento teso all’implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia (1,10 miliardi) e quello per lo sviluppo di biometano negli impianti agricoli (1,92 miliardi). Parimenti, nell’ambito della Componente 4 “Tutela del territorio e della risorsa idrica” della medesima Missione, sono altresì da segnalare, in chiave positiva, gli investimenti previsti per la resilienza dell’agrosistema irriguo (compresi nella Misura n. 4 sulla gestione sostenibile delle risorse idriche e il miglioramento della qualità ambientale delle acque interne e marittime), opportuni per un settore che, più di ogni altro, fa uso di questa materia prima. Tuttavia, occorre precisare che in tutti e tre i casi si tratta di interventi limitati quanto alle risorse allocate e all’impatto in termini di benefici concreti per gli operatori del settore. Alle risorse per il settore agroalimentare previste nel PNRR si dovrebbero aggiungere, infine, 1,2 miliardi per i contratti di filiera derivanti dal fondo complementare.

In sintesi, il PNRR pone giustamente al centro dell’attenzione lo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile, in grado dimigliorare le prestazioni ambientali e la competitività delle aziende agricole. Si tratta di un traguardo fondamentale per il nostro Sistema. In linea con tale obiettivo, sono presenti alcune interessanti misure, certamente condivisibili. Tuttavia, la centralità del sistema agroalimentare nell’economia italiana e nel percorso di Sviluppo Sostenibile richiederebbe iniziative ancor più ambiziose. La parola “cibo”, ad esempio, non compare mai all’interno del PNRR, esprimendo così la limitata attenzione fornita al ruolo del cibo nella nostra società e all’educazione alimentare.

Andrebbe rafforzato, inoltre, l’allineamento ad alcuni degli obiettivi sanciti nelle Strategie europee “Dal produttore al consumatore” e sulla biodiversità (non vi sono, ad esempio, riferimenti al concetto di agroecologia) o alle raccomandazioni indirizzate all’Italia dalla Commissione europea per la redazione del piano strategico in materia di Politica Agricola Comune. Gli investimenti previsti sono importanti. Sembrano però utili a far fronte alle emergenze del settore piuttosto che a promuovere una reale transizione del settore verso modelli più resilienti e sostenibili. Essi andrebbero, inoltre, inquadrati all’interno di una visione olistica. Infine, su un piano più generale, non appaiono chiari gli obiettivi intermedi dei vari progetti che insistono sul settore agroalimentare, né, talvolta, le modalità di attuazione. 

Colmando tali lacune, il sistema agroalimentare italiano potrà rafforzare le proprie caratteristiche identitarie e proporsi con ancora più decisione come modello di riferimento per far fronte alle sfide ambientali, sociali ed economiche che riguardano non soltanto il nostro Paese ma anche altri contesti.

Angelo Riccaboni, Presidente Santa Chiara Lab, Università di Siena, e Eugenio Carli, Santa Chiara Lab, Università di Siena

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