Rinnovabili • ifad

Piccoli agricoltori, universo di qualità nel panorama italiano

I piccoli agricoltori sono una componente essenziale nel panorama dell’agricoltura italiana, importanti dal punto di vista economico, ambientale e di qualità della produzione. Tuttavia, sono di fatto esclusi dalle politiche per lo sviluppo rurale e quindi dai benefici che esse comportano. Servono misure ad hoc per valorizzarli, perché non possono competere con le grandi aziende

ifad
via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Il panorama dell’agricoltura italiana è costellato di piccole aziende che hanno un ruolo particolarmente importante sia per i numeri che rappresentano anche in termini economici, sia perché esercitano una funzione di protezione del territorio.

Eppure, nonostante si riconosca il ruolo cruciale delle piccole aziende, queste sono di fatto escluse dalle politiche per lo sviluppo rurale e quindi dai benefici che esse comportano, sia a livello nazionale che comunitario.

Proprio in sede comunitaria, dove l’Unione Europea ha fissato criteri stringenti per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal, dovrebbe essere chiaro il ruolo dei piccoli agricoltori che, ad esempio, hanno una funzione insostituibile nel connettere territori e comunità con l’agricoltura.

leggi anche “Coltiviamo agricoltura sociale”, il welfare verde

Sulla realtà dei piccoli agricoltori è illuminante lo studio Piccoli agricoltori – Considerazioni per promuovere l’accesso delle piccole aziende agricole alle politiche di sviluppo rurale del Centro Studi Divulga.

Piccoli agricoltori, protagonisti della multifunzionalità

La multifunzionalità è il nuovo paradigma dell’agricoltura che vede nei piccoli agricoltori dei protagonisti tutt’altro che trascurabili.

È proprio nella multifunzionalità che le piccole aziende a carattere familiare hanno trovato le migliori opportunità di crescita. Hanno saputo diversificare l’attività agricola unendola alla vendita diretta, alla trasformazione in azienda, all’agriturismo creando maggior valore anche per il territorio.

Un dato che si presta a una ulteriore riflessione riguarda l’energia rinnovabile, prodotta dal 20% dei piccoli agricoltori.

Inoltre, è nelle piccole aziende che troviamo il maggior numero di denominazioni di origine Dop e Igp e di produzioni biologiche.

Queste categorie di aziende di qualità sono presenti un po’ in tutte le regioni, anche se in percentuali diverse: il picco di aziende biologiche e con riconoscimenti Dop e Igp è in Valle d’Aosta con una percentuale del 61,3% sul totale, la maggior parte delle piccole aziende multifunzionali si trova invece in Liguria (60,5%).

Cruciali ma esclusi

I piccoli agricoltori sono al centro di un grande paradosso: se da un lato se ne riconosce il ruolo cruciale nella transizione dei sistemi agroalimentari, dall’altro le aziende con Standard Output (SO, la soglia di riferimento usata nei piani di sviluppo rurale) sotto a 15mila euro sono escluse dai piani regionali di sviluppo rurale e quindi dai finanziamenti agevolati.

La questione è quindi come renderli accessibili anche ai piccoli agricoltori, dal momento che le aziende con SO sotto i 15mila euro sono quasi il 64% del totale con il 17,7% della SAU (Superficie Agricola Utilizzata).

Se si allarga la platea di riferimento alle aziende con SO sotto i 25mila euro, tali percentuali salgono al 73,4% (in Molise, Abruzzo, Calabria, Umbria, Basilicata e Puglia superano l’80%) e la SAU supera il 25% a livello nazionale.

In questa fascia, il 30% delle piccole aziende svolge attività di agriturismo e il 40% attività di trasformazione. La produzione di energie rinnovabili supera di poco il 30%.

Il grande tema della semplificazione

C’è un altro grande tema che riguarda non solo gli esclusi dai sostegni, ed è quello della semplificazione. Infatti c’è una fetta importante di agricoltori che non riescono a beneficiarne perché le procedure di accesso sono troppo complicate: i bandi richiedono operazioni contabili complesse, le domande hanno un carico burocratico complesso, è necessaria la redazione di un business plan.

A questi ostacoli, che un piccolo agricoltore non può superare, si aggiunge il ritardo nell’erogazione degli eventuali contributi che espone a sforzi finanziari spesso non sostenibili.

Dall’analisi del Centro Sudi Divulga emerge con chiarezza che i piccoli agricoltori rappresentano una fascia significativa nel panorama italiano: sarebbe necessario definire nuovi criteri per il loro accesso ai fondi e semplificare le tipologie di intervento, pur scongiurando comportamenti impropri.

Una prima “scrematura” sugli aventi diritto dovrebbe avvenire sulla base della professionalità con cui si svolge l’attività agricola.

Per quanto riguarda la semplificazione delle procedure per accedere al contributo pubblico, si potrebbe adottare un servizio di consulenza agile che parta dalla compilazione di una scheda di intervento – che potrebbe sostituire il business plan – e arrivi alla sua rendicontazione.

Adottare misure ad hoc

Gli interventi da selezionare dovrebbero essere di piccola taglia, ovvero eseguibili e verificabili in tempi rapidi; per valutare le tipologie di interventi ci si può basare sui risultati dell’analisi SWOT (uno strumento di pianificazione strategica per valutare punti di forza-Strenghts, debolezze-Weaknesses, opportunità-Opportunities e minacce-Threats di un progetto) territoriale.

È quindi ovvia la necessità di studiare e adottare misure ad hoc per i piccoli agricoltori, perché è impensabile che possano competere sullo stesso piano delle grandi aziende.