Sentenza della Corte dei conti europea, Bruxelles deve rispettare sul serio il principio di precauzione, garantire più trasparenza e adeguarsi agli obiettivi della Farm to Fork
Dal 2016, il 55% delle sostanze attive dei pesticidi approvate con procedura di emergenza
(Rinnovabili.it) – Il tempo delle ambiguità e delle dizioni oscure deve finire. L’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) deve esprimere pareri più chiari in merito all’approvazione o meno di sostanze attive alla base dei pesticidi. E la Commissione non dovrebbe dare l’ok al loro uso a meno che il parere dell’Efsa non riporti esplicitamente che è sicuro. Sono i punti salienti della sentenza in cui la Corte dei conti europea sottolinea tutti i punti deboli delle procedure Ue per immettere sul mercato comune (e nei nostri piatti) i prodotti fitosanitari impiegati in agricoltura.
Al centro dei rilievi sollevati dalla Corte di Strasburgo c’è il principio di precauzione. Che né l’Efsa né l’esecutivo europeo terrebbero abbastanza in considerazione. Se l’agenzia “identifica aree critiche di preoccupazione o non identifica un uso sicuro”, si legge nella sentenza, “la Commissione dovrebbe chiedere chiarimenti all’Efsa prima di approvare la sostanza attiva in questione”.
Per la stessa ragione, l’esecutivo Ue dovrebbe fare un uso limitato della ‘confirmation data procedure’. Cioè una procedura di approvazione che assicura l’ok alla sostanza in attesa che in seguito vengano forniti alcuni dati aggiuntivi (e rilevanti) su cui completare la valutazione del rischio. Dal 2016 a oggi questa procedura di emergenza è stata usata nel 55% dei casi.
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Nascosto dal linguaggio tecnico c’è un passo in avanti importante per la sicurezza alimentare europea. La sentenza infatti prova a eliminare ogni spazio per il rimpallo di responsabilità e le decisioni prese più sui non detti che su pareri scientifici chiari. Caratteristiche che sono state la normalità in questi anni praticamente in tutte le decisioni sui principali pesticidi.
Sia da parte dell’agenzia che della Commissione. Quest’ultima spesso ha scelto di non scegliere e ha delegato a pareri opachi la parola finale sull’ingresso in commercio (o il ritiro) di sostanze attive quanto meno dubbie. L’epopea del glifosato e di alcuni neonicotinoidi sono i casi più noti. Ma ce ne sono altre decine che hanno seguito più o meno lo stesso iter tortuoso.
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Festeggia PAN Europe, ong che aveva sporto nel 2013 la denuncia da cui è scaturita questa sentenza della Corte dei conti europea. Per Hans Muilerman, coordinatore sulle sostanze chimiche per l’ong, la Commissione deve “rimettersi in carreggiata con le leggi sui pesticidi” e recuperare il tempo perduto “abbracciando il Obiettivo della strategia Farm to Fork volto a ridurre del 50% l’uso di pesticidi”.
Ciò non toglie che il danno sia ormai fatto. “Circa 200 sostanze attive che rappresentano un pericolo per l’ambiente e la biodiversità dell’UE sono state autorizzate dalla Commissione europea in modo illegale”. Ma c’è di più. “In alcuni casi, con totale indifferenza verso le valutazioni da parte dell’autorità scientifica Efsa, che le aveva ritenute ‘non sicure’ “, aggiunge Muilerman.