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Peste suina africana, Fondo a sostegno degli allevatori

peste suina africana
via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Gli allevatori di suini sono con il fiato sospeso perché la peste suina africana può avere conseguenze gravissime sugli allevamenti (altamente contagiosa per gli animali, non è trasmissibile agli esseri umani).

Molte aziende rischiano di chiudere. Ad esempio, gran parte degli allevatori della zona tra Alessandria e Genova aderiscono ai Consorzi di Parma e San Daniele (il canale più remunerativo per gli allevatori) che hanno disciplinari molto rigorosi anche per quanto riguarda il peso dei maiali.

Al momento le vendite sono sospese in attesa di accertamenti, ma gli animali nel frattempo continuano a crescere e raggiungeranno una taglia che non sarà più considerata accettabile dai Consorzi.

Il rischio di speculazioni

Lo stesso timore riguarda le esportazioni che valgono circa 1,5 milioni di euro l’anno, di cui circa un terzo verso Paesi extraeuropei che, in via precauzionale hanno chiuso il mercato ai prodotti provenienti dall’Italia. Anche alcuni Paesi europei, a cui è destinato il 60% delle esportazioni, stanno adottando lo stesso comportamento.

Quando si verificano crisi di questa importanza non tardano a scatenarsi le speculazioni, che fanno più danno del problema di partenza. Ad esempio, nell’Unione Europea i macelli non accettano i maiali che arrivano dal Piemonte, anche se di zone lontane da quelle attualmente sotto la lente: la paura di acquistare carne contaminata dalla peste suina africanache non potranno commercializzare è più forte di qualunque rassicurazione.

È mancata un’azione di prevenzione e di contenimento

Il Ministero delle Politiche agricole e quello della Salute hanno firmato un’ordinanza con alcune misure volte a tutelare il patrimonio suinicolo nazionale e bloccare la diffusione della peste suina africana. Tali misure sono valide per sei mesi nelle 114 zone comprese tra il Piemonte e la Liguria e permettono di continuare le attività produttive.

È in vigore il divieto di attività venatorie (tranne la caccia selettiva al cinghiale), come pure la raccolta di funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e tutte le attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti.

Le associazioni come Confagricoltura e Coldiretti da un lato approvano l’ordinanza, dall’altro rimarcano che ci si trova in emergenza perché è mancata un’azione di prevenzione e di contenimento: i cinghiali si sono moltiplicati fuori controllo nelle campagne e perfino nelle città (emblematico il caso di Roma, dove i cinghiali – anche a causa dei cumuli di spazzatura non raccolta nelle strade – si sono spinti anche nelle zone centrali della Capitale).

Tutelare gli operatori del settore

Secondo Coldiretti si contano più di 2,3 milioni di esemplari di cinghiali, una situazione che impone l’adozione di un piano sanitario per tutelare gli allevatori e i lavoratori del settore: «Serve subito un’azione sinergica su più fronti anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate a intensificare gli interventi per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché è dalla fragilità dei confini naturali del Paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare infetti».

Il Consiglio dei Ministri ha stanziato 50 milioni di euro per il 2022 per «tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio di contaminazione dal virus e risarcire gli operatori della filiera danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati».

Stanziati 50 milioni di euro

La dotazione finanziaria, spiega Confagricoltura, è suddivisa in due Fondi. Il “Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza” (15 milioni di euro) è destinato “al rafforzamento degli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza”; il “Fondo di parte corrente per il sostegno della filiera suinicola” (35 milioni di euro) è destinato “a indennizzare gli operatori della filiera colpiti dalle restrizioni sulla movimentazione degli animali e sulla commercializzazione dei prodotti derivati”. 

Rimane comunque da risolvere l’adozione di un piano di contenimento efficace della popolazione di cinghiali, che sono il principale veicolo di diffusione della peste suina africana.

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