L’ultimo rapporto sullo stato della pesca nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero indica che lo sfruttamento eccessivo della pesca in queste aree è diminuito negli ultimi dieci anni. Ma non è ancora abbastanza se si vuole contenere la perdita di biodiversità per garantire la salute dell’uomo e del Pianeta
La pesca è sostenibile? Stando ai dati presentati nell’ultima edizione del Rapporto The State of Mediterranean and Black Sea Fisheries 2022 (SoMFi) lo sfruttamento eccessivo della pesca nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero è diminuito negli ultimi dieci anni.
La pesca è doppia rispetto alla quantità ritenuta sostenibile
Tuttavia la notizia è solo parzialmente positiva. Il Rapporto curato dalla FAO e dalla General Fishing Commission for the Mediterranean avverte infatti che il 73% delle specie commerciali è ancora sovrasfruttato. Inoltre, sebbene la pressione sulla pesca sia inferiore rispetto al passato, è ancora doppia rispetto a quella considerata sostenibile.
La Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM) ha fissato i nuovi obiettivi per la pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero nella sua Strategia 2030 per la pesca sostenibile e l’acquacoltura nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero.
Invertire la tendenza al declino delle risorse acquatiche è fondamentale, non bisogna dimenticare la natura semichiusa dei bacini e della pesca prevalentemente su piccola scala della pesca e dell’acquacoltura nella regione.
In questo momento l’area sta scontando l’aumento delle pressioni umane sull’ambiente marino e dell’impatto globale della crisi generata dalla pandemia di Covid-19.
Il Rapporto (pubblicato con cadenza biennale) ha rilevato che la produzione del settore della pesca è diminuito del 15% dal 2020, e di conseguenza sono diminuite le entrate e i posti di lavoro.
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Un nuovo quadro globale sulla biodiversità
La Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità (COP 15), tuttora in corso a Montreal (Canada), dovrebbe negoziare un nuovo quadro globale sulla biodiversità: contenere la perdita di biodiversità è fondamentale per garantire la salute dell’uomo e del Pianeta.
Nella perdita di biodiversità rientrano anche specie ittiche. Alcuni pesci hanno già mostrato segni di ricostituzione della biomassa, come nel caso del rombo chiodato del Mar Nero o della sogliola dell’Adriatico, ma non è ancora abbastanza.
Per questo la CGPM ha stabilito 10 piani pluriennali di gestione della pesca per ridurre lo sfruttamento e migliorare la conservazione degli stock e degli ecosistemi di acque profonde.
Il valore economico della pesca
La pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero ha un forte valore economico: genera un fatturato annuo di 2,9 miliardi di dollari e circa mezzo milione di posti di lavoro lungo tutta la catena del valore.
Tuttavia la forza lavoro sta invecchiando: più della metà dei pescatori ha più di 40 anni, solo il 10% ha meno di 25 anni.
Solo la pesca su piccola scala (che impiega il 59% della forza lavoro) ha il maggior numero di giovani occupati; il problema è che i pescatori su piccola scala guadagnano in genere meno della metà dei pescatori delle flotte industriali.
Questo, sommato alla crisi generale della pesca e alle limitazioni per non sovrasfruttare l’ambiente marino, può generare una crisi sociale di cui non si può non tenere conto.
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