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Pesca e acquacoltura, pilastri della sicurezza alimentare

Stock ittici sovrasfruttati
credits: Evgeni Tcherkasski da Pixabay

(Rinnovabili.it) – Pesca e acquacoltura possono contribuire al miglioramento della sicurezza alimentare globale. Tuttavia un loro ulteriore sviluppo deve essere sostenibile dal punto di vista ambientale ma anche sociale, ovvero coinvolgere i piccoli pescatori e i piscicoltori.

Quale dovrebbe essere il sistema alimentare ideale che viene sia dal mare che dalle acque dolci?

La trasformazione blu

Il sistema perfetto con pesca e acquacoltura dovrebbe fornire cibo sufficiente alla popolazione, migliorare i redditi della comunità, essere resiliente agli shock ambientali. Un sogno irrealizzabile?

Secondo la FAO per una gestione responsabile e sostenibile bisogna attuare la cosiddetta “trasformazione blu”.

Il primo passo in questa direzione consiste nell’eliminare la pesca illegale e nel garantire la conservazione della biodiversità e lo sviluppo sostenibile in un contesto climatico che sta alterando gli equilibri dei mari.

Il Codice di condotta della FAO per una pesca responsabile esiste ormai da 25 anni, ma purtroppo la sua attuazione non sempre può dirsi compiuta.

L’acquacoltura continua a crescere

Entro il 2030 si prevede che la produzione ittica aumenterà di circa il 15%, un aumento che dipende dalla richiesta di cibo sano e nutriente da parte di una popolazione in crescita.

Fermo restando il punto della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, qual è la situazione globale?

Nel 2020, la produzione totale di pesca e acquacoltura ha raggiunto il record storico di 214 milioni di tonnellate; la produzione di pesce per il consumo umano ha raggiunto i 157 milioni di tonnellate nel 2020, la seconda più alta mai registrata.

La pesca di cattura, nonostante un leggero calo, è rimasta sostanzialmente stabile a livello globale: la causa è probabilmente dovuta all’interruzione della pesca a causa del Covid-19, alla riduzione delle catture in Cina e a una minore pesca delle acciughe.

L’acquacoltura, invece, negli ultimi due anni ha continuato a crescere, seppure con un ritmo lento.

Contrastare la pesca eccessiva

I pesci più pescati nel 2020 sono le acciughe (4,9 milioni di tonnellate), il merluzzo d’Alaska (o pollack, 3,5 milioni di tonnellate), il tonno striato (2,8 milioni di tonnellate).

La frazione di stock ittici pescati in modo sostenibile ha avuto una leggera flessione, motivo per cui è necessaria un’azione efficace e urgente per garantire la sostenibilità della pesca.

La FAO ricorda gli effetti della pesca eccessiva: causa impatti negativi sulle nostre risorse e sui nostri ecosistemi, riduce la produzione alimentare e si traduce in conseguenze sociali ed economiche negative.

Per contrastare gli effetti della pesca eccessiva, la trasformazione blu si pone tre obiettivi principali: intensificazione ed espansione sostenibile dell’acquacoltura fino a +35-40% entro il 2030; gestione efficace delle attività di pesca garantendo la sostenibilità degli stock ittici; catene alimentari potenziate per ridurre sprechi e perdite, migliorare la tracciabilità e l’accesso ai mercati.

È una tabella di marcia che riconosce ai sistemi acquatici un valore economico, sociale e nutrizionale in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.

La situazione in Italia

Anche l’acquacoltura ha bisogno di energia, e risente dei problemi lamentati da tutti i settori dell’agroalimentare.

I piscicoltori che aderiscono a Confagricoltura hanno denunciato la gravità di una situazione che sta mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa del settore, stretta fra l’aumento dei costi di produzione e la carenza idrica determinata dal lungo periodo di siccità.

«Sono letteralmente saltate, a causa del drastico aumento dei costi di produzione per i prodotti della piscicoltura, le programmazioni per i prossimi mesi, incidendo sulla presenza del prodotto ittico d’acquacoltura, mettendo a rischio la stessa sopravvivenza di molte imprese del settore e la presenza di pesce italiano fino alle prossime feste natalizie», ha dichiarato Pier Antonio Salvador, presidente dell’associazione piscicoltori italiani di Confagricoltura.

Riportiamo alcune cifre per dare un’idea della dimensione del problema: «I mangimi sono aumentati del 35%, l’energia elettrica dal 200 al 300 % (in base alle tipologie d’utilizzo), l’ossigeno liquido ha segnato almeno un +250%.

Incrementi importanti anche nella logistica interna (mezzi aziendali e imbarcazioni) e negli scambi con fornitori e clienti dovuti ai rincari dei carburanti agricoli (che non hanno tutte le agevolazioni della pesca), nel costo degli avannotti, degli imballaggi, dei materiali e pezzi di ricambio necessari alla manutenzione degli impianti e delle attrezzature».

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