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“Persone, agricoltura, ambiente”, l’anima di Confagricoltura

L’assemblea generale di Confagricoltura ha fatto un bilancio di un periodo difficile che si protrarrà anche nel 2023. Ma accanto al realismo non manca una punta di cauto ottimismo che poggia su uno spirito propositivo. L’Italia può tornare ad essere competitiva nel mondo se si lavora tutti insieme per questo obiettivo comune

Confagricoltura
Immagine Confagricoltura

di Isabella Ceccarini

Il 2023 non sarà un anno facile, ma lavorando insieme ce la faremo. Questa è la sintesi estrema con cui il presidente Massimiliano Giansanti ha aperto l’assemblea generale di Confagricoltura.

Un incontro ricco di spunti interessanti, di bilanci di quanto si è fatto e di riflessioni su quello che ci sarà da fare nel futuro. Non sono mancati importanti confronti da cui è emersa la possibilità di assumere impegni comuni. Un cambiamento culturale che fa ipotizzare nuove prospettive e nuove modalità di relazione tra imprese e associazioni.

L’agricoltura è centrale per la tenuta economica e sociale

«La guerra sta incidendo su tutte le nostre imprese. Siamo al centro di una guerra di cultura e di civiltà che ha un grande impatto sui temi dell’alimentazione.

L’agricoltura è tornata ad essere centrale per la tenuta economica e sociale del Paese. La sovranità alimentare per noi è per noi è la sicurezza alimentare, produrre ciò di cui i cittadini hanno bisogno», ha esordito Giansanti nel discorso di apertura.

Il Made in Italy è sinonimo di qualità in tutto il mondo, ma se è troppo caro perdiamo quote di mercato: «Oggi soffriamo mancanza di interventi che rendano competitive le imprese. L’agricoltura è considerata la Cenerentola dell’economia Italiana, dopo il 1974 non c’è stato un piano per l’agricoltura, si avverte la mancanza di una strategia».

Le difficoltà delle aziende agricole

Giansanti è stato estremamente realistico: «Le imprese agricole hanno gli stessi problemi del mondo industriale, dal caro energia alla carenza di liquidità. In più, lavorano a cielo aperto e fronteggiano i cambiamenti climatici.

Sono necessarie scelte opportune e di buon senso che vadano nella direzione della crescita economica, delle infrastrutture per connettere l’agricoltura italiana con il mercato internazionale, dei trasporti, dello sviluppo degli impianti fotovoltaici ed eolici, che riteniamo assolutamente compatibili con il potenziale produttivo dell’agricoltura. Senza investimenti non sarà facile uscire dalla crisi attuale».

Per il presidente di Confagricoltura è tempo di costruire un piano per l’agroindustria fatto di agricoltura, di attività ricettive, di ricerca, di risorse naturali, di innovazione. Ma soprattutto bisogna credere nel nostro sistema agroalimentare, «troppo spesso accusato di essere un grande inquinatore mentre i nostri agricoltori e allevatori rispettano l’ambiente e il benessere animale, siamo i migliori in Europa».

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Investire per sostenere il Made in Italy

Bisogna investire di più per sostenere il Made in Italy, altrimenti si perderà competitività. In un quadro futuro estremamente incerto, Giansanti sottolinea che non si può dipendere da terzi per il proprio fabbisogno di prodotti essenziali.

In una crisi che fa tornare alla mente quella del 1929 bisogna fare di tutto per salvaguardare il potenziale produttivo agroalimentare italiano ed europeo.

Tuttavia, allo stato attuale, i Paesi europei non sono in grado di adottare gli stessi sostegni per le imprese: questo crea una «disparità competitiva tra le imprese che mette a rischio il regolare funzionamento del mercato unico».

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Intervenire per contenere la crisi energetica

La crisi energetica deve essere in cima all’agenda di governo; secondo Giansanti «le misure per arginare il caro bollette vanno prorogate, anche se non sarà facile trovare le risorse necessarie». Mentre per il rincaro dei fertilizzanti bisogna proporre «acquisti comuni a livello comunitario per ottenere una riduzione dei prezzi e disporre dei quantitativi necessari».

Gli agricoltori possono essere strategici per il mercato dell’energia e da parte di Confagricoltura c’è la massima disponibilità a costruire nuove occasioni per Italia. «Quindici anni fa già parlavamo di biogas. Gli agricoltori generano utilità in termini di abbattimento di CO2 equivalente a 2 mld euro, una cifra che equivale al 60% della PAC di ogni anno. Serve un’alleanza tra agricoltura, industria, finanza ed energia per promuovere un modello economico che crei valore aggiunto da distribuire per tutti. Ma ogni impresa, per redistribuire ricchezza deve prima crearla».

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Alcuni temi caldi sul tavolo europeo

Il presidente di Confagricoltura ha anche fatto cenno a temi sui quali c’è un acceso dibattito in Europa, come il sistema di etichettatura fronte pacco Nutriscore («una guerra commerciale fatta con le etichette che limita la capacità competitiva del Paese e genera confusione nel consumatore») o la carne sintetica («il problema è la gestione geopolitica del cibo. Se lo produce chi guarda alla massimizzazione del profitto non c’è etica: in un paese democratico mi preoccupo, in uno non democratico diventa lo strumento per muovere interessi politici e sociali che avranno impatti devastanti nei paesi a sud dell’Italia»).

Infine, il presidente di Confagricoltura dimostra la sua perplessità sull’abolizione dei fertilizzanti richiesta dalla transizione verde europea: serve maggiore gradualità per non indebolire la produzione e ritrovarsi con una produzione insufficiente al fabbisogno nazionale. Sottolinea, infatti, che l’agricoltore è il primo custode della sua terra, che vuole mantenere sana affinché sia produttiva. E, in linea con il leit motiv dell’assemblea, conclude affermando che «l’agricoltura è economia, è comunità, è persone, è ambiente».

Rappresentare gli interessi nazionali e rafforzare l’Europa

Il ministro dell’Agricoltura, della Sostenibilità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, sottolinea subito che «gli imprenditori agricoli sono i primi ambientalisti italiani ed europei» e spiega che un governo politico deve ascoltare gli elettori e realizzare il programma per cui è stato eletto.

Per questo «è cambiato l’approccio dell’Italia nei confronti dell’Europa, un’istituzione che rappresenta nazioni con gli stessi valori e gli stessi interessi e come tale va rafforzata, ma senza indebolire il proprio Paese. Rappresentare gli interessi nazionali, proporre contenuti diversi o evidenziare le criticità è un modo per rafforzare l’Europa e contribuire alla sua crescita economica e al suo sviluppo «La difesa della sovranità alimentare permette di scegliere i nostri sistemi di produzione per produrre cibo di qualità».

Valorizzare la qualità

Oggi la grande sfida è quella di preservare e valorizzare la qualità dei nostri prodotti, legati al territorio e quindi non delocalizzabili: questo li rende unici e insostituibili». Lollobrigida sottolinea anche il valore sociale dell’agricoltura: «Non si può diminuire la produttività solo per perseguire una politica green, altrimenti per garantire la sicurezza alimentare dei cittadini si è obbligati ad acquistare i prodotti all’estero, dove ci sono meno regole e si mettono in pericolo la salute dei consumatori e i lavoratori».

Anche il ministro torna su Nutriscore: «Standardizzare i prodotti alimentari espone a maggiori speculazioni. Nutriscore non informa il consumatore, ma lo vuole condizionare. Inaccettabile che prodotti processati abbiano la targhetta verde e quelli obiettivamente sani no. È un tentativo di eliminare il concetto di qualità, che ci contraddistingue. Smettere di coltivare e allevare non porta alla sostenibilità ambientale, economica e sociale ma all’abbandono e al degrado dei territori. Le imprese vanno sostenute affinché diventino più competitive sui mercati internazionali e possano creare ricchezza».

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Agricoltura ed energia

Molto interessante il dibattito a tre voci Massimiliano Giansanti, Giampiero Maioli e Francesco Starace.

Francesco Starace, AD di Enel, ha ragionato sull’evoluzione delle nuove fonti energetiche. Starace riconosce che Confagricoltura ha intuito per prima le potenzialità economiche, convenienti e sicure di utilizzare le risorse dell’agricoltore a fini energetici: si abbassano i costi, l’energia prodotta in eccesso contribuisce al reddito dell’agricoltore e all’approvvigionamento del Paese. Pensiamo al quadro attuale: «l’Ucraina è al buio per l’assalto alle centrali, se la distribuzione fosse stata più ramificata questo non sarebbe stato possibile». Starace sottolinea che «la domanda di fotovoltaico sta esplodendo e abbiamo deciso di acquistare più pannelli fotovoltaici in Italia. I pannelli agrivoltaici funzionano benissimo nei terreni coltivati. Tuttavia ci sono limiti inspiegabili nel PNRR che andrebbero corretti. E poi dobbiamo pensare ai biocombustibili, ad esempio per alimentare i generatori nelle piccole isole».

Rinnovabili, un investimento nel lungo periodo

«Crédit Agricole ha 10 milioni di soci – non tutti francesi, l’Italia è il nostro secondo mercato al mondo – è una delle più grandi cooperative al mondo che ha l’obiettivo di finanziare e sostenere l’agricoltura europea. L’agricoltura ha un orizzonte lungo; essendo una cooperativa possiamo investire nel lungo periodo senza essere condizionati dalla borsa. Anche per questo abbiamo finanziato energie rinnovabili che non avranno ritorno a breve», ha affermato Giampiero Maioli, AD di Crédit Agricole. Maioli evidenzia alcune criticità: «C’è un ritardo nella propensione al cambiamento e i mercati globali non lo consentono. È grave che si trascuri la gestione dell’acqua. La siccità danneggia le colture europee e non c’è un piano di recupero dell’acqua: si disperde tantissimo e non ci sono i bacini di accumulo, anche se non è complicato costruirli. Infine, bisogna accelerare sulla digitalizzazione, serve più coraggio anche per piccole imprese».

Servono alleanze, visione e strategia

Giansanti è pienamente a favore delle rinnovabili: «Il mondo chiede le rinnovabili. Togliere il limite dell’autoconsumo e iniziare a produrre energie rinnovabili è un investimento, ma servono visione e strategia, e anche meno tasse. È positivo che ci siano risorse per transizione 4.0, ma sempre avendo una prospettiva e la chiarezza degli obiettivi che vogliamo raggiungere».

Invita industria, energia, banche, agricoltura, parti sociali a fare squadra, a costruire alleanze, progetti e programmi comuni per promuovere un modello economico che crei valore aggiunto da distribuire per tutti. Poi lancia un’idea: aumenteranno le macchine elettriche, perché non installare colonnine di ricarica nelle strade interne alimentate dall’energia prodotta dalle aziende agricole limitrofe? E chissà, potrebbe anche essere la scusa per visitare le aziende agricole, conoscere e acquistare i loro prodotti.

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Made in Italy, marchio di eccellenza del prodotto italiano

Un altro dibattito ricco di spunti si è svolto tra Carlo Bonomi, Massimiliano Giansanti e Adolfo Urso. «Il Made in Italy è percepito come un marchio di eccellenza del prodotto italiano, dell’Italia, è stile di vita, di cultura, modo di vivere intorno all’ambiente, modo di alimentarsi» ha esordito Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. «Abbiamo vissuto due anni molto complessi, le variabili in gioco sono tantissime, è difficile prevedere il futuro, ma è certo che il 2023 vedrà un rallentamento generale, che già si vede.

Preoccupa che non ci siano risorse extra per intervenire sugli choc: per questo insistiamo affinché tutto quello che non è dedicato a compensare gli choc energetici sia focalizzato sulla crescita. La nostra critica alla legge di bilancio è fatta con spirito positivo, per migliorare gli interventi che possono consentire alle imprese di creare quella ricchezza che è necessario redistribuire. Ma per redistribuire la ricchezza prima bisogna crearla, e chiediamo le condizioni per creare la ricchezza pur se in un quadro complicato», ha dichiarato Carlo Bonomi, presidente di Confindustria.

Le speculazioni sul mercato delle commodities

«Appena iniziata la guerra in Ucraina le prime analisi furono sull’impatto dell’energia, ma per me il tema dirompente era anche il mercato alimentare. Abbiamo visto grandi speculazioni nel mercato delle commodities. La guerra ha attivato le politiche del profitto: qualcuno ha investito speculando sulla fame nel mondo, guadagnando molto, mettendo in ginocchio sistemi produttivi e paesi provocando tensioni sociali. Inoltre, poiché l’Ucraina è il principale fornitore dei programmi alimentari, si sono create situazioni di instabilità concentrate nell’area del Mediterraneo. Mi preoccupa constatare che al di là di qualche accordo non ci sia nessuna vera strategia per l’alimentare», ha affermato il presidente di Confagricoltura.

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L’Africa è il continente del futuro

«Il mondo è cambiato, è come se Mosca avesse rialzato il muro di Berlino ai confini dell’Ucraina. L’Europa deve puntare alla direttrice sud per le materie prime e per l’energia: da qui l’idea di fare dell’Italia un grande hub del gas europeo e della rete elettrica mediterranea.

Il continente del futuro è l’Africa, dove dobbiamo creare un rapporto win-win per competere ad armi pari con USA e Cina. Oggi non si può spaccare l’Occidente con una guerra doganale e in Europa c’è disparità nelle risorse da investire (che oggi ha solo la Germania). Serve un progetto di politica industriale, economica e sociale europea», ha proseguito Urso.

Ha affermato Giansanti: «USA e Cina chiudono, mentre l’Europa ha bisogno di mercati aperti. La globalizzazione non è finita, cambiano gli attori, e l’Italia deve tornare ad essere protagonista nel mercato globale con le alleanze e con un percorso comune. Per questo vorrei che Confindustria e Confagricoltura camminassero insieme, con piattaforme comuni di sviluppo che coinvolgono energia, imprese, agricoltura. Il 25% del Pil viene dall’agroindustria, rafforziamo questa filiera. Solo così può vincere il sistema Italia».

Bonomi è preoccupato per la competitività: «Le imprese italiane hanno retto bene, ma la competizione di USA e Cina è forte. E dobbiamo riflettere su quello che è successo a Bruxelles: c’è il legittimo dubbio che siano stati presi alcuni provvedimenti dietro l’influenza di economie straniere. Il tema non è mettere in discussione l’UE, ma fare più attenzione e ripensare a perimetri di rappresentanza diversi in un mondo profondamente cambiato».

Foto di Davies Mbinji da Pixabay

No a obiettivi irraggiungibili

Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani «in politica ci sono interessi da tutelare, ma non sempre avviene con la corruzione, certamente ci sono lobby da tenere sotto controllo.

Si può e si deve fare di più per l’economia, che affronta la terza crisi consecutiva (Lehman Brothers, pandemia, guerra). Per questo la politica ambientale non può porre obiettivi irraggiungibili, a meno di danneggiare industria e agricoltura.

Anche la politica estera è uno strumento per favorire la crescita e l’internazionalizzazione – non la delocalizzazione – delle nostre imprese.

Vogliamo che agricoltura e agroindustria siano protagoniste, portando nel mondo il nostro saper fare attraverso le imprese, e vogliamo riappropriarci del mercato dell’Italian Sounding: se piace tanto il falso quanto più piacerebbe il vero Made in Italy?

Il modello delle alleanze può far vincere le sfide del mercato

Stiamo lavorando a un modo per portare in Italia immigrati legali e formati di cui le aziende hanno grandissimo bisogno ed è allo studio un progetto per creare un “turismo di ritorno” degli italiani che vivono all’estero da 2-3 generazioni».

Il presidente di Confagricoltura conclude l’assemblea con un auspicio: «Ragioniamo dell’Italia che vorremmo, il modello delle alleanze può far vincere le sfide del mercato. Costruiamo tutti insieme un’Italia più forte. Affrontiamo le sfide insieme, costruendo insieme modelli agroindustriali, come un fil rouge che unisce tutto.

Dobbiamo creare manodopera qualificata nei paesi da dove vengono i flussi migratori. La potenzialità delle ambasciate nel mondo è enorme, facciamo squadra e usciremo più forti nonostante le difficoltà e con un’Italia migliore».