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Nutriscore, passeremo col rosso?

Nutriscore

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Partiamo da un dato incontestabile: la qualità del cibo italiano è riconosciuta in tutto il mondo, lo provano le cifre del nostro export e l’apprezzamento dei turisti che vengono in Italia. Tutto questo mal si concilia con il Nutriscore, il sistema di etichettatura a semaforo che dovrebbe essere adottata a livello europeo e che l’Italia sta combattendo con tutte le sue forze.

Come funziona Nutriscore

L’idea di apporre un’etichetta nutrizionale unica per i Paesi europei viene dalla strategia Farm to Fork. Nutriscore recherebbe un danno enorme all’agroalimentare italiano, ma soprattutto non porterebbe nessun vantaggio ai consumatori perché è completamente fuorviante.

Il NutriScore suddivide i prodotti alimentari in cinque categorie contrassegnate da lettere e colori; il punteggio è calcolato tramite un complesso algoritmo che sottrae dal valore totale degli elementi “sfavorevoli” (energia, acidi grassi saturi, zuccheri semplici, sodio) quello degli elementi “favorevoli” (percentuale di frutta, verdura, leguminose e oleaginose, fibre, proteine). Gli alimenti dove prevalgono gli elementi favorevoli rientrano nella categoria A (verde), quelli sfavorevoli nella categoria E (rosso).

Con Nutriscore alimenti riconosciuti come sani, nonché componenti fondamentali della dieta mediterranea, universalmente riconosciuta come salutare ed equilibrata, si beccherebbero un bel rosso: ad esempio, no a parmigiano e olio extravergine d’oliva. Però le bevande con i dolcificanti artificiali come l’aspartame sono verdi.

Hamburger e patatine più sani dell’olio d’oliva

Il presidente del Consorzio Olivicolo Italiano Unaprol, Davide Granieri, ha denunciato come sia paradossale che le patatine fritte siano valutate più salutari di un cucchiaio di olio d’oliva, «considerato un farmaco naturale per le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti». Addirittura Nutriscore – adottato da alcune catene di fast food in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Germania – lo equipara a un hamburger riccamente farcito.

Unaprol lo ritiene un attacco a un simbolo del Made in Italy, contrario al buon senso e all’evidenza scientifica, e invita il ministro Patuanelli e i rappresentanti a Bruxelles a combattere il Nutriscore.

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La decisione finale della Commissione Europea dovrebbe arrivare tra circa un anno; nel frattempo il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, sta cercando di allargare il fronte degli oppositori a Nutriscore (che al momento già comprende Repubblica Ceca, Romania, Cipro, Grecia e Ungheria), appellandosi ad agricoltori e consumatori europei affinché boccino l’etichettatura a semaforo perché «non è solo un problema italiano, ma di tutti, perché l’UE ha tante eccellenze agroalimentari».

La stessa Francia (dove è nato il Nutriscore, e che ovviamente lo sostiene), ha pensato al rosso che classificherebbe come dannosi i suoi famosi formaggi (i produttori di Roquefort sono già sul piede di guerra)? E l’olio d’oliva della Spagna?

È quindi fondamentale allearsi con chi ha prodotti da tutelare, ma soprattutto Patuanelli sottolinea che «la nostra posizione non è mediabile». La valutazione di Nutriscore non ha senso: non si consumano 100 ml di olio con la stessa frequenza di 100 ml di Coca Cola.

Il consumatore deve essere informato, non condizionato

Il colore di Nutriscore dà una comunicazione immediata, ma non informa. Nutrinform Battery, il sistema di etichettatura proposto dall’Italia, indica la percentuale di energia e nutrienti rispetto alla porzione consigliata. Come afferma Patuanelli, «è sicuramente più complesso, ma fornisce informazioni corrette sui valori nutritivi degli alimenti. Dobbiamo renderlo più facilmente leggibile, il consumatore ha bisogno di essere informato, non condizionato».

Alla base di Nutrinform Battery c’è la presenza equilibrata di tutti gli alimenti, nessuno escluso: l’obiettivo è quello di educare a una dieta equilibrata e variata in cui si può, e si deve, mangiare di tutto purché in quantità moderata.

Il concetto che l’Italia cerca di far passare in Europa è che ai 100 grammi a prescindere va sostituito il concetto di porzione e di dieta equilibrata, ma non tutti lo comprendono e ritengono che sia una battaglia in difesa degli interessi italiani e non di un’alimentazione sana.

Infatti la BEUC (Organizzazione europea dei consumatori) ha abbandonato il Forum Europeo dell’Alimentazione – dove si discute la politica agroalimentare europea – definendolo «uno show italiano», stigmatizzando il fatto che dei 32 membri del Forum sette siano italiani. È singolare tuttavia che la presenza al Forum di multinazionali del calibro di Coca Cola o Kellogg’s non abbia suscitato altrettanto sdegno.

La posizione dell’Antitrust

Le cinque istruttorie aperte dall’Antitrust sull’uso del Nutriscore da parte di cinque società (le italiane GS SpA, Carrefour Italia SpA, Pescanova Italia Srl e Valsoia SpA, delle società francesi Regime Dukan Sas e Diet Lab Sas, della società inglese Weetabix Ltd. e di una società tedesca che produce caramelle) danno un sostegno legale alle criticità che Confagricoltura ha evidenziato da tempo.

L’Antitrust ha aperto anche un’istruttoria nei confronti del titolare dell’app francese Yuka, che dà una valutazione “salutistica” dei prodotti alimentari basata in larga misura sul sistema NutriScore e fornisce proposte alternative per i prodotti giudicati mediocri o scarsi, ma non è chiaro il criterio in base al quale sono ordinate e proposte le alternative al consumatore.

L’Antitrust ritiene che l’etichetta a semaforo «in assenza di adeguate avvertenze, venga erroneamente percepita come una valutazione assoluta sulla salubrità di un determinato prodotto, prescindendo dalla dieta e dallo stile di vita di un individuo, dalla quantità e dalla frequenza di assunzione del prodotto all’interno di un regime alimentare variegato ed equilibrato».

Le perplessità degli altri Paesi

Del resto, ricorda Confagricoltura, «negli ultimi mesi altri Paesi, come la Spagna e persino la Francia, avevano espresso perplessità sul Nutriscore per l’ingiustificato impatto punitivo che comporta nei confronti di alcune produzioni agroalimentari di eccellenza, in quanto si basa su un algoritmo che non tiene conto delle quantità che vengono generalmente consumate».

Anche il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, plaude all’iniziativa dell’Antitrust «perché queste semplificazioni ingannevoli danneggiano non solo i consumatori, ma anche gli agricoltori e l’intero settore del Made in Italy».

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