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Il pane piace sempre, ma si preferisce tradizionale ed “etico”

Com’è cambiato il consumo di pane al tempo della pandemia? Tutti vogliono materie prime 100% italiane, c’è una riscoperta dei panifici artigianali e piace il pane “etico”

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Foto di fancycrave1 da Pixabay

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – La pandemia ha cambiato i comportamenti d’acquisto, anche se il settore alimentare è l’unico che ha resistito alla crisi. Cosa è cambiato per quanto riguarda il pane? 

Una volta il pane si acquistava ogni mattina dal fornaio, oggi si compra più spesso nel supermercato. Qui bisogna distinguere tra il pane preparato in un forno esterno, quello preparato all’interno del punto vendita oppure ottenuto da semilavorati, parzialmente cotti e surgelati, che si portano a doratura nel forno del supermercato (un esempio tipico sono le baguette). Se 8 italiani su dieci consumano pane fresco, il 10% preferisce i prodotti a lunga conservazione (pane confezionato a lunga conservazione, cracker, taralli, grissini), come risulta da una ricerca dell’Istituto Piepoli. Si è registrato un calo generale del consumo di pane, ma è cresciuto quello dei prodotti confezionati o sostitutivi. Ci sono preferenze? Anche se non tutti si informano sulla farina utilizzata nei vari prodotti, tutti sono d’accordo sull’origine delle materie prime che devono essere 100% italiane

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Per mantenere stabili o per migliorare le proprie quote di mercato è importante intercettare i cambiamenti dei consumi, sostiene l’AIBI (Associazione Italiana Bakery Ingredients) che ha organizzato il convegno “Dalla pan-demia alla pan-mania: come il Covid ha cambiato la nostra percezione del pane” in collaborazione con ASSITOL (Associazione Italiana dell’Industria Olearia). 

La ritrovata fiducia nel negozio di prossimità

Restare a casa ha portato a fare più attenzione alla qualità dell’alimentazione e quindi a rivalutare il cibo sano. La pandemia ha rivalutato i negozi di prossimità, ristabilendo un rapporto di fiducia con il panettiere. Una bella testimonianza in proposito l’ha offerta Cesare Marinoni, presidente dell’Associazione fornai di Milano e ideatore dell’Associazione Pane in Piazza i cui panificatorihanno costituito una rete di aiuto sociale: «Ci siamo sostenuti a vicenda, fornendo l’un l’altro prodotti difficili da reperire. Anche questa è solidarietà».

La preferenza per la panificazione artigianale si collega anche all’attenzione ai prodotti tradizionali fatti con prodotti locali, come farine integrali e di grani antichi. Anche il pane con caratteristiche “etiche” piace sempre di più: «Viene giudicato dal punto di vista della sostenibilità, della solidarietà, persino dell’apporto al benessere fisico», precisa Giovanni Bizzarri, presidente di AIBI. Quindi il pane considerato comfort food e alimento salutare, che accompagna un periodo di vita obiettivamente molto complesso.

È cambiata la nostra vita sociale e lavorativa. Secondo AIBI «la richiesta di spazio esterno ci accompagnerà nei prossimi anni, i bakery bistrot si stanno attrezzando per offrire spazi da smart working, dando la possibilità di consumare all’aperto». La condizione attuale rafforza il ricorso alla digitalizzazione: l’online è visto dal consumatore come una misura anti contagio, quindi garanzia di sicurezza, per il ristoratore i social sono una vetrina che offre maggiori possibilità di vendita

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Come sarà il futuro? All’insegna della collaborazione, avverte Andrea Carrassi, direttore generale di ASSITOL. Se da un lato è necessaria una maggiore sinergia all’interno della filiera, dall’altro serve una riflessione sui cambiamenti necessari: «Costruire insieme alla filiera occasioni di crescita è la chiave per il futuro del settore alimentare. Oltre a rafforzare l’immagine del pane, che gli italiani continuano ad acquistare fresco e artigianale, dovremo lavorare su quella dell’olio d’oliva nell’ambito della ristorazione, che ha ampi margini di miglioramento». Infatti pane e olio, uno squisito e salutare abbinamento che sembrava messo in ombra da preparazioni più elaborate, sta riscuotendo un nuovo interesse. Non a caso, Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva, ha rilevato che il consumo di olio extra vergine di oliva è cresciuto del 6% e piace molto ai giovani.