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Corte dei Conti UE: guai in vista per la PAC

La Corte dei Conti mette in luce i punti deboli della politica agricola dell'UE, tra cui il mancato coordinamento con la strategia europea sulla biodiversità.

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Credits: Ralf Kunze da Pixabay

Secondo un audit della Corte dei Conti europea, la PAC non ha arrestato il declino della biodiversità nei terreni agricoli

(Rinnovabili.it) – Brutte notizie per la PAC, la politica agricola comune dell’Unione Europea. Secondo una revisione della Corte dei Conti dell’UE, la strategia sull’agricoltura non è stata in grado di fermare e invertire il declino della biodiversità nel vecchio continente. Nello specifico, la Corte ha rilevato una mancanza di valori-obiettivo misurabili, che ha reso difficile valutare i progressi e la performance finanziate dall’Unione in campo agricolo.

Ma non solo. Uno dei punti deboli della PAC messi in luce dalla Corte dei Conti riguarda il mancato coordinamento con le politiche e le strategie dell’UE sulla biodiversità, che non ha consentito, ad esempio, di affrontare il problema del declino della diversità genetica delle colture. Un altro punto critico è stato individuato nel monitoraggio, ritenuto inaffidabile per valutare l’impatto della politica agricola sulle condizioni della biodiversità europea.

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Secondo i dati a disposizione dell’Unione Europea, dal 1990 le popolazioni dei cosiddetti indicatori naturali di biodiversità, quali uccelli e farfalle presenti nei terreni agricoli, sono diminuite di oltre il 30 %. L’agricoltura intensiva ha infatti fortemente ridotto la vegetazione naturale, e di conseguenza della fauna, e resta una delle principali cause della perdita di biodiversità.

Per tale ragione, la Corte dei Conti ha cercato di capire se la PAC abbia contribuito in questi anni a rendere più efficace la strategia, approvata nel 2011, con cui l’eurozona si è impegnata ad arrestare il declino della biodiversità entro il 2020. Con questo obiettivo, sono stati effettuati audit in Germania, in Irlanda, in Polonia, in Romania e a Cipro, che hanno messo in luce come “l’azione della PAC non è stata finora sufficiente a contrastare il declino della biodiversità nei terreni agricoli, una grave minaccia sia per l’agricoltura che per l’ambiente”.

In particolare, i punti critici riguardano l’efficacia di misure volte al mantenimento della biodiversità come l’inverdimento e la condizionalità (vale a dire l’insieme delle norme da rispettare per ottenere un corretto equilibrio tra la produzione agricola competitiva e il rispetto dell’ambiente). Infatti, nella ripartizione dei pagamenti diretti della PAC agli agricoltori (pari a circa il 70% delle spese agricole UE), le Commissione e gli Stati membri hanno privilegiato delle opzioni a basso impatto sulla biodiversità, come le colture intercalari e azotofissatrici.

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Questo ha fatto sì che le modalità con cui la Commissione ha monitorato negli anni le spese della PAC (che andavano a beneficio della biodiversità) non siano state ritenute affidabili dall’esame della Corte, in quanto tendenti a sovrastimare il contributo alla biodiversità dovuto a queste misure a basso impatto.

Ma c’è di più. La Corte ha infatti sottolineato che i programmi di sviluppo rurale presentano maggiori potenzialità ai fini della conservazione della biodiversità rispetto ai pagamenti diretti agli agricoltori. Tuttavia, gli Stati membri si sono avvalsi raramente di misure ad alto impatto che sostengono le pratiche agricole rispettose dell’ambiente e che vanno al di là degli obblighi imposti dalla normativa, preferendo misure meno impegnative, più apprezzate dagli agricoltori.

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