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PAC, cosa cambierebbe con l’allargamento dell’UE?

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Ripensare finanziamenti e meccanismi interni dell’UE in caso di nuovi ingressi

La PAC (Politica Agricola Comune) è una politica comune a tutti i Paesi dell’Unione Europea impegna circa un terzo del bilancio comunitario. Varata nel 1962 rappresenta l’intesa tra i cittadini dell’UE e i suoi agricoltori.

La PAC sostiene il settore agroalimentare

Si tratta di una politica di sostegno al settore agroalimentare al fine di garantire un approvvigionamento stabile di alimenti a prezzi accessibili stabili e migliorare la produttività.

Accanto a sostegni di carattere sociale, come una giusta retribuzione e la promozione dell’occupazione nel settore agricolo, la PAC si impegna anche sul piano ambientale: infatti, aiuta gli agricoltori ad affrontare il cambiamento climatico (l’agricoltura dipende moto dalle condizioni meteo e dagli effetti del cambiamento climatico), si occupa di preservare i paesaggi rurali e di garantire la gestione sostenibile delle risorse naturali.

Si fanno sempre più concrete le prospettive di un allargamento dell’Unione Europea che potrebbe arrivare a 36 Stati membri con le nuove, probabili, adesioni. I nuovi candidati sono l’Ucraina, la Moldavia, la Georgia e alcuni Paesi dell’area dei Balcani occidentali: sarà la Commissione Europea a decidere se aprire i negoziati.

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha dichiarato che un eventuale allargamento comporta anche un ripensamento dei meccanismi interni dell’Unione Europea. È evidente che avrebbe un forte impatto sul bilancio comunitario.

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Le criticità per i mercati agricoli

Cosa comporterebbe l’adesione dell’Ucraina all’UE dal punto di vista economico? Rimanendo al solo ambito della PAC, in sette anni ci sarebbero maggiori spese per 96 miliardi di euro.

Cosa cambierebbe in concreto per gli agricoltori? Se il bilancio comunitario rimanesse invariato, si dovrebbero tagliare i trasferimenti agli agricoltori degli attuali 27 Stati membri di almeno il 20% rispetto ai livelli attuali.

Le criticità che solleverebbe l’ingresso dell’Ucraina nell’UE non sono solo strettamente relative alla PAC ma riguardano il meccanismo di funzionamento dei mercati agricoli (recentemente si sono verificate delle tensioni con i Paesi confinanti).

Uno sguardo alle cifre chiarisce il nocciolo del problema. Dopo l’aggressione russa, i dazi doganali e i contingenti sui prodotti agroalimentari ucraini destinati ai mercati europei sono stati sospesi.

L’effetto è stato il raddoppio delle importazioni ucraine nell’UE: dai 7 miliardi di euro di fine 2021 a oltre 13 miliardi a dicembre 2022. Nei primi sei mesi del 2023 tale valore ha avuto un ulteriore incremento del 45%.

L’Ucraina, pertanto, è diventata il terzo fornitore dell’UE di cereali, semi oleosi, colture proteiche e pollame. Ha superato gli Stati Uniti e segue Regno Unito e Brasile.

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Preoccupazioni reali

La preoccupazione attuale non è quindi così sorprendente. Ovviamente il bilancio dell’UE dovrà aumentare, ma anche la riforma della PAC – che avverrà entro il 2027 – dovrà tenere conto dell’ingresso dei nuovi Paesi.

L’attuale dotazione finanziaria della PAC è pari allo 0,4% del Pil dei Paesi membri: l’allargamento renderebbe tale dotazione insufficiente a sostenere il settore, soprattutto in vista degli impegni richiesti dalla transizione ecologica ed energetica che, come è stato più volte sottolineato, non sarà un pranzo di gala.

Pertanto, è necessario che nel periodo di transizione da qui al 2027 ci sia un adeguamento delle regole comunitarie in materia di sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente e delle risorse naturali.

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