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Operazione “Ghost Wine” contro i vini fantasma

Ghost Wine
Foto di Dirk Wohlrabe da Pixabay

(Rinnovabili.it) – I vini italiani godono ottima fama, sia in patria che all’estero. Commercializzare prodotti adulterati spacciandoli per autentici può essere un’attività molto redditizia. L’operazione “Ghost Wine” ha smascherato un giro d’affari superiore ai 500mila euro di produzione e commercializzazione di vini sofisticati. Sono stati 30.000 litri di prodotto vinoso, circa 60 litri di vari aromi sintetici, caramello e altre sostanze idonee alla sofisticazione dei vini per complessivi 1000 litri, nonché attrezzature varie.

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La contraffazione alimentare è un problema grave perché danneggia fortemente il Made in Italy alimentare di qualità. Insieme all’olio extravergine d’oliva, ai salumi e ai formaggi (impossibile non ricordare le contraffazioni di mozzarelle, vere bufale di fatto, e Parmigiano Reggiano) il vino, è uno dei prodotti più colpiti: negli anni sono state scoperte truffe ai danni dei produttori di Prosecco, Brunello di Montalcino, Chianti, Sassicaia, che sono le denominazioni di maggiore richiamo. Questi prodotti contraffatti varcano anche i confini nazionali, con danni importanti per l’export. I produttori si appellano ai consumatori, affinché segnalino sempre i casi dubbi: solo da un’attenta verifica sarà possibile individuare la truffa e sperare di smascherare i colpevoli. Non bisogna abbassare l’attenzione perché tra i tanti effetti negativi della pandemia c’è stato un notevole aumento delle contraffazioni di prodotti alimentari italiani.

Controlli efficaci su sicurezza e qualità


L’operazione “Ghost Wine” è partita dall’esecuzione di analisi chimiche su campioni di vini DOP e IGP detenuti all’interno di uno stabilimento enologico in provincia di Roma effettuate dal laboratorio ICQRF di Perugia. L’analisi dell’ICQRF ha evidenziato nei campioni la presenza di acqua e zuccheri non naturali dell’uva. Nell’ambito di “Ghost Wine” sono state indagate per truffa cinque persone dopo aver effettuato perquisizioni nelle cantine vinicole fantasma, nelle abitazioni e nelle pertinenze in uso alle persone indagate. Queste si avvalevano di compiacenti forniture di vini “comuni” da tavola da parte di altre cantine che venivano ceduti anche in nero. Nelle perquisizioni è emersa l’incongruità fra i quantitativi di vini acquistati e quelli detenuti e rivenduti, oltre all’illecita utilizzazione di denominazioni di origine DOP/IGP laziali e di altre regioni italiane. L’operazione “Ghost Wine” ha portato anche al sequestro di uno stabilimento vinicolo non censito nei registri nazionali.

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Il merito dell’operazione “Ghost Wine” va ai Carabinieri dei NAS (Nuclei Anti Sofisticazione e Sanità) e agli ispettori dell’ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari, uno dei maggiori organismi europei di controllo dell’agroalimentare) di Roma. L’ennesima conferma (ma ce n’è bisogno?) che in Italia i controlli nell’agroalimentare sono serrati ed efficaci, a tutela di settori produttivi fondamentali della nostra economia e della salute dei consumatori.

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