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Olive, pianificare la raccolta con un innovativo sistema di previsione

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Immagine di ededchechine su Freepik

Olive, uno dei pilastri della dieta mediterranea

(Rinnovabili.it) – La coltivazione delle olive è favorita dal clima mediterraneo dell’Italia, dove è presente fin dall’età romana. Il nostro Paese è uno dei maggiori produttori mondiali di olio d’oliva, particolarmente apprezzato per la sua qualità, e vanta un patrimonio di biodiversità con 533 varietà di olive coltivate con pratiche agricole tradizionali. Tuttavia, ogni anno possono intervenire variabili legate al clima che comportano un aggravio di costi di gestione.

Lo stress climatico incide sulla produzione delle olive

Individuare i principali fattori di stress climatico e il loro impatto sulla resa potrebbe aiutare a conoscere i potenziali rischi stagionali, prevedere l’andamento della raccolta e migliorare i servizi di allerta per i produttori.

Le olive risentono a tal punto degli effetti del cambiamento climatico che quest’anno la produzione in Italia è calata di circa un terzo.

Il fenomeno riguarda con percentuali variabili – anche se ugualmente preoccupanti – tutti i Paesi produttori che si affacciano sul Bacino del Mediterraneo. Gli agricoltori, in alcuni casi, hanno preferito rinunciare alla raccolta perché i costi avrebbero superato i ricavi.

Il cambiamento climatico agisce su vari fattori. Non solo la siccità estiva, ma anche estati umide e fresche che favoriscono la diffusione delle femmine della mosca dell’olivo. Con le temperature invernali miti diminuisce la mortalità delle pupe di questo parassita moltiplicando il rischio di epidemie nella stagione successiva.

Gli effetti di queste difficoltà si avvertiranno nel carrello della spesa: il prezzo dell’olio extravergine potrebbe aumentare anche del 50%.

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La ricerca apre nuove strade

Come uscire da questa spirale negativa? La ricerca non si ferma e continua a sperimentare nuove strade per un’agricoltura che garantisca sostenibilità ambientale ed economica.

Una ricerca associata di ENEA, CNR e Università della California a Berkeley (Stati Uniti) ha identificato i principali fattori di stress climatico stagionale responsabili dei cattivi raccolti dopo aver analizzato i dati relativi a 66 province italiane dal 2006 al 2020.

In particolare, lo studio ha utilizzato i dati aggregati dell’Istat sulla resa delle olive e sulle variabili climatiche dell’ECMWF (il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine).

Impiegando dati di uso del suolo ad alta risoluzione (fino a 300 metri) e 23 variabili ha elaborato un indice di previsione tre volte più preciso delle variabili prese singolarmente.

Gli obiettivi dello studio sono: analizzare le tendenze della resa delle olive e le variazioni interannuali; identificare i principali fattori di stress climatico stagionali probabilmente responsabili delle maggiori variazioni di resa; sviluppare un indice di rischio per le rese eccezionalmente basse in presenza di più fattori di stress.

I risultati della ricerca Climate stressors modulate interannual olive yield at province level in Italy: A composite index approach to support crop management sono stati pubblicati open access nella rivista “Journal of Agronomy and Crop Science”.

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Lo stress climatico ha effetti rapidi

Spiega Luigi Ponti, ricercatore del laboratorio ENEA di Sostenibilità, qualità e sicurezza delle produzioni agroalimentari: «Dalle nostre analisi è emerso che i livelli di raccolto eccezionalmente bassi si sono verificati in modo più frequente a partire dal 2014 in concomitanza con inverni relativamente caldi. Questo succede perché il periodo di riposo stagionale della pianta diventa sempre più breve alterando il suo ciclo vitale e di conseguenza la fioritura e l’impollinazione.

I cambiamenti nelle caratteristiche del terreno possono alterare la stabilità della resa, ma sono un processo lento. Al contrario, i fattori di stress climatico stagionale possono avere un impatto rapido e significativo sul raccolto e sui costi da sostenere per il controllo dei parassiti.

Pertanto, è fondamentale lo sviluppo di metodologie innovative per aiutare il settore agricolo a raggiungere una produzione elevata e stabile».

Questo studio è supportato da due progetti a guida scientifica ENEA, Tebaka e MED-GOLD, dedicati a sostenere i sistemi agroalimentari di olivo, vite e grano, basi della dieta mediterranea che l’Unesco  ha inserito tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità.

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