Il cambiamento climatico influenza la produzione agricola
(Rinnovabili.it) – L’olio d’oliva, simbolo della dieta mediterranea e fiore all’occhiello dell’agroalimentare italiano, sta attraversando un periodo di grave crisi a cui non è estraneo il cambiamento climatico. Un tema di cui gli operatori del settore hanno discusso a margine della Giornata mondiale dell’olivo, proclamata dall’Unesco nel 2019.
Il fattore siccità
Uno degli aspetti più preoccupanti per l’agricoltura è la siccità, che potrebbe portare un ulteriore calo delle produzioni nei prossimi anni. La scarsità d’acqua sta diventando un problema in molte regioni europee, come indica anche l’Osservatorio europeo sulla siccità di Copernicus.
È sempre più evidente che un futuro sostenibile è possibile solo affrontando a 360° i problemi climatici che riguardano non solo l’acqua e l’agricoltura, ma anche l’energia e l’ambiente.
L’Italia ha un patrimonio di biodiversità che comprende ben 533 varietà di olive per un totale di 250 milioni di piante, eppure quest’anno la campagna di raccolta delle olive è ancora una volta al di sotto della media, sia in Italia che nell’area del Mediterraneo. Come sottolinea Andrea Carrassi, direttore generale di Assitol (Associazione Italiana dell’Industria Olearia), permangono i problemi già riscontrati lo scorso anno, dovuti al «cambiamento climatico, che ha fatto sentire i suoi effetti anche in zone di importante vocazione olivicola, come la Toscana».
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Olio d’oliva, cala la produzione e aumenta il prezzo
Il calo della produzione mondiale porta il prezzo dell’olio d’oliva a una vera e propria impennata: secondo le stime di Coldiretti, l’extravergine, a livello nazionale, aumenterà quasi del 50%.
Gli eventi estremi di un clima impazzito, in un susseguirsi di piogge durante la fioritura, siccità prolungata e altre temperature hanno penalizzato la produzione di olio d’oliva.
Secondo le stime di Coldiretti, Unaprol e Ismea la produzione dovrebbe attestarsi sulle 290mila tonnellate, ben al di sotto della media degli ultimi quattro anni, quando nelle campagne migliori il raccolto è arrivato anche a 350mila tonnellate. Un livello comunque insufficiente anche a coprire il fabbisogno interno.
In questo quadro, incredibilmente il Sud ha registrato un +34% che ha salvato la media nazionale (in particolare, la produzione di olio d’oliva in Puglia è cresciuta del 50%, nonostante i ben noti danni causati dalla Xylella) mentre il Centro-Nord ha è andato in caduta libera perdendo un terzo della produzione.
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Attenzione alla vendita di prodotti ingannevoli
Il cambiamento climatico non ha penalizzato solo l’Italia, ma è una tendenza negativa che riguarda anche altri Paesi produttori di olio d’oliva. Ad esempio, la Spagna (che è il primo produttore mondiale) ha sofferto una grave crisi idrica che ha fatto dimezzare la produzione; in Grecia, siccità e incendi hanno causato un calo di produzione del 25%. Tunisia, Turchia e Marocco hanno fermato il loro export.
All’aumento dei prezzi fa riscontro un calo dei consumi di circa l’11% negli ultimi mesi. Una fase di grande incertezza, quindi, a cui il conflitto israelo-palestinese aggiunge nuove preoccupazioni per ulteriori rialzi del prezzo dell’energia.
Preoccupa anche il perdurante calo dell’export, che secondo la Commissione Europea quest’anno è diminuito del 27,2% rispetto all’anno precedente. Tra le cause ci sono anche cambiamenti nelle politiche commerciali, ma non è estraneo il calo di produzione dovuto alle avverse condizioni climatiche.
Inoltre, sugli scaffali si è creato un clima di confusione con l’offerta di prodotti che uniscono percentuali residuali di olio d’oliva mescolati a olio di semi o altri oli vegetali: la sirena del prezzo stracciato attira i consumatori, ma è bene che sappiano di trovarsi davanti a prodotti ingannevoli, senza regolamentazione né controlli come avviene per l’olio d’oliva. Quindi, come sempre, attenzione all’etichetta.