(Rinnovabili.it) – Gli oli alimentari esausti buttati nel lavandino sono gravemente inquinanti. È quanto emerge dallo studio di CNR-IRSA – l’Istituto di Ricerca Sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche – in collaborazione con Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende speciali che operano nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas.
La ricerca è stata promossa da RenOils, il consorzio che si occupa della raccolta di oli e grassi vegetali e animali alimentari esausti in Italia e ne garantisce la corretta gestione per salvaguardare l’ambiente.
Lo smaltimento scorretto inquina le acque
I risultati dello studio rivelano che oli di frittura, avanzi dei barattoli di sottoli, scarti alimentari unti troppo spesso vengono gettati nel lavandino e inquinano le acque, anziché essere smaltiti in maniera corretta.
I consorzi come RenOils raccolgono ogni anno più di 80mila tonnellate di oli alimentari esausti. Eppure i dati della ricerca sono ancora allarmanti.
Dopo aver analizzato gli impianti di depurazione delle acque, i ricercatori vi hanno trovato un quantitativo di oli quasi equivalente – ovvero tra le 60mila e le 70mila tonnellate – perché non vengono smaltiti correttamente.
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Favorire una pratica semplice ma virtuosa
Per dare un’idea della dimensione del problema, i ricercatori fanno notare che è come se ogni cittadino italiano usasse un litro di olio l’anno e ne gettasse via la metà con l’acqua sporca.
Anche se è un quantitativo inferiore a quello che si stimava, è comunque tanto. Vorremmo dire che è anche troppo.
Spiega Ennio Fano, presidente di Renoils: «La ricerca conferma che è fondamentale potenziare la raccolta differenziata di oli esausti presso le utenze domestiche, in modo da favorire una pratica semplice ma estremamente virtuosa.
Il nostro consorzio è già attivo in modo capillare su tutto il territorio nazionale e il comparto della ristorazione è servito in modo efficiente.
Lavoreremo con enti locali e aziende di igiene urbana per gestire anche l’olio esausto prodotto dalle famiglie italiane».
La quasi totalità degli oli alimentari proviene dalle utenze domestiche
È proprio dalle utenze domestiche che arriva la quasi totalità degli oli alimentari; il sistema della ristorazione, infatti, è quasi interamente collegato al servizio di raccolta degli oli esausti, come sottolinea Giuseppe Mininni, il ricercatore del CNR che ha coordinato lo studio.
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La ricerca ha esaminato 40 impianti di depurazione in 6 diverse regioni. Nel periodo tra agosto 2019 e luglio 2020 sono stati ripetuti i campionamenti per tre volte.
Nelle acque trattate da questi impianti erano presenti tracce di grassi animali e vegetali di circa 5-10mg/litro. I dati riferiti dalla letteratura scientifica rilevano che il valore italiano è sensibilmente inferiore a quello degli Stati Uniti, il solo Paese oggetto di ricerca. Se c’è chi fa peggio, nelle nostre case dobbiamo impegnarci a fare ancora meglio.