L’analisi legale di Corporate Europe Observatory e Artemisia smonta la proposta legislativa con cui l’esecutivo UE vuole distinguere gli organismi geneticamente modificati ottenuti tramite tecniche di evoluzione assistita da tutti quelli “tradizionali” e eliminare le restrizioni in vigore
A luglio la Commissione UE ha presentato una proposta sugli OGM 2.0
(Rinnovabili.it) – Non è basata sulla scienza. Genera rischi per la salute e l’ambiente. Mina la libertà di scelta dei consumatori. E nasce da un allargamento indebito delle competenze della Commissione UE. La proposta legislativa per deregolamentare gli OGM 2.0 presentata a luglio da Bruxelles, da un punto di vista legale, è molto debole e in contrasto con alcuni dei pilastri del diritto comunitario. Lo sostengono l’ong Corporate Europe Observatory e lo studio legale francese Artemisia.
Un’analisi che conferma ancora una volta le principali critiche mosse in questi mesi dalla società civile all’idea di creare una nuova categoria per i cosiddetti nuovi OGM, quelli ottenuti attraverso le tecniche di evoluzione assistita (TEA, in inglese New Breeding Techniques). E di assoggettarli a un regime regolatorio diverso nella sostanza dalle limitazioni imposte agli organismi geneticamente modificati “tradizionali”.
Leggi anche Tecniche di evoluzione assistita: nuova frontiera o nuovi OGM?
Cosa non quadra negli OGM 2.0
La forzatura più evidente riguarda la tutela dei consumatori. Nella proposta sui nuovi OGM vengono cestinati gli obblighi in fatto di tracciabilità e etichettatura. In pratica, diventerebbe impossibile tracciare le piante geneticamente modificate con le TEA e i produttori non avrebbero alcun obbligo di segnalare in etichetta la presenza di OGM 2.0 nei prodotti. “Non ci sarà alcuna valutazione del rischio né etichettatura per i consumatori per la maggior parte dei prodotti NGT. Ciò contraddice l’art. 114 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”, conclude l’analisi legale.
Ma è la stessa distinzione tra vecchi e nuovi OGM a essere problematica. I criteri scelti per definire le distinte categorie di organismi geneticamente modificati non soggetti o con un livello inferiore di regolamentazione, infatti, sono “puramente arbitrari e non hanno alcun fondamento scientifico o razionale”. In pratica, sostengono CEO e Artemisia, è una mossa puramente politica. Che risponde solo alle pressioni dell’agribusiness.
Il settore dell’agricoltura OGM-free subirà conseguenze economiche. Senza possibilità di monitorare l’applicazione delle TEA, diventerà molto complicato, se non impossibile, per chi coltiva in biologico o senza OGM, assicurare queste qualità ai suoi prodotti. Ma l’obbligo continuerà a ricadere su questo settore invece che sui produttori che scelgono i nuovi OGM. E senza monitoraggio sarà impossibile produrre studi scientifici che valutino l’impatto su salute e ambiente degli OGM 2.0. Rendendo cieca la ricerca.