Il voto dei ministri dell’Agricoltura europei rimanda il dossier al prossimo appuntamento utile (forse già il 22 dicembre). E fa emergere i dubbi di 10 paesi che hanno detto no: dietro il via libera alle nuove tecniche di editing genetico c’è un grande rischio per la filiera del biologico e il pericolo di una concentrazione del mercato in poche mani. Dall’Italia, la Coalizione Italia Libera da OGM striglia il ministro Lollobrigida (che ha votato sì)
Manca la maggioranza qualificata in sede di Consiglio Agrifish dell’11 dicembre
(Rinnovabili.it) – La corsa europea ai nuovi OGM inciampa a Bruxelles. I ministri UE dell’Agricoltura non sono riusciti a raggiungere la maggioranza qualificata per dare luce verde alle New Genomic Techniques (NGTs), l’insieme di tecniche di editing genetico di nuova generazione che molti stati membri e la Commissione UE vorrebbero deregolamentare, distinguendoli nettamente dagli OGM tradizionali.
E che sono in cima all’agenda del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Le piante ottenute da nuove tecniche genomiche, quelle che in Italia sono chiamate con il nome più rassicurante di Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), sono “uno strumento essenziale” per “migliorare la sostenibilità dei processi produttivi in agricoltura” e per “contribuire alla sicurezza alimentare e alla sovranità alimentare europea, che oggi consideriamo in pericolo”, ha affermato Lollobrigida alla riunione di stamattina del Consiglio Agrifish a Bruxelles.
Fumata nera per i nuovi OGM
Dalla capitale europea non è arrivato un no netto ai nuovi OGM. Ma i dubbi sollevati da alcuni paesi sono bastati a far inceppare il processo di adozione del nuovo testo che disciplina gli organismi geneticamente modificati. Per l’ok serviva una maggioranza che rappresentasse il 55% dei paesi membri (quindi 13 su 27) e, al tempo stesso, il 65% dei cittadini europei.
A dire no o a esprimere dubbi sulla proposta, preparata lo scorso luglio dalla Commissione UE e appoggiata con modifiche dalla presidenza spagnola di turno, sono stati Austria, Croazia, Slovacchia, Ungheria, Germania, Bulgaria, Grecia, Polonia, Romania e Slovenia.
Le motivazioni dietro lo stop richiamano i dubbi già espressi da luglio a oggi da molte associazioni della società civile. L’assenza della garanzia di poter separare le filiere biologiche da quelle OGM, per proteggerle dalla contaminazione. Ma anche l’impossibilità di limitare o vietare la coltivazione di OGM a livello nazionale. O, ancora, l’impatto dei brevetti dei nuovi OGM, che potrebbero portare alla concentrazione del mercato in una manciata di grandi aziende.
L’inciampo non blocca però il processo di adozione delle modifiche che sdoganano i nuovi OGM. La fumata nera di oggi potrebbe diventare bianca (o quasi) già il 22 dicembre con la prossima riunione del Coreper, l’incontro tra ambasciatori nazionali presso l’UE dove si preparano i compromessi sui dossier principali.
La falsa narrazione sulle TEA
L’Italia resterà dalla parte della barricata di chi vuole aprire alle TEA. Una posizione criticata duramente, anche dopo il voto di oggi, dalla Coalizione Italia Libera da OGM: “Lollobrigida ha preferito ancora una volta inseguire le sirene delle lobby agroindustriali, sementiere e agrochimiche, in spregio al principio di precauzione, ai diritti degli agricoltori e dei consumatori”, lamenta l’alleanza di 37 ong.
Secondo le associazioni, la liberalizzazione delle TEA porterebbe un aumento “vertiginoso” della concentrazione del mercato e dei brevetti sul cibo. Mentre battere, come fanno il governo e le associazioni di categoria, da Coldiretti in giù, sul tasto della necessità dei nuovi OGM per ottenere piante resistenti al cambiamento climatico sarebbe una “falsa narrazione”: “una retorica stantìa, evoluzione prevedibile di quella che negli anni Novanta dipingeva gli OGM come soluzione contro la fame nel mondo”.