L’UE vuole diminuire del 40% lo sforzo di pesca nel Mediterraneo fissato per il 2026
Allarme di Coldiretti Impresapesca e Federpesca per la pesca nel Mediterraneo. Dal 1° gennaio 2022 gran parte della flotta peschereccia italiana potrà operare poco più di 120 giorni all’anno.
Questo significa che non ci sarà sostenibilità economica per gli operatori del settore, per i consumatori vuol dire che sui banchi dei mercati non ci sarà il pescato nazionale ma quello che arriva dall’estero.
Il Consiglio Europeo ha deciso per la riduzione al fine di diminuire del 40% lo sforzo di pesca nel Mediterraneo fissato per il 2026.
Penalizzata la pesca italiana ma non quella estera
Lo schema di decreto predisposto dal Ministero delle Politiche Agricole sulla base delle disposizioni dell’Unione Europea e del Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo (CGPM) mette a rischio i quasi 2000 pescherecci italiani che fanno la pesca a strascico. Questi pescherecci, che operano nell’Adriatico, nel Tirreno e nel Canale di Sicilia, producono circa il 50% del valore dell’ittico italiano.
Coldiretti e Federpesca chiedono al Governo e al Mipaaf di spingere l’UE a rivedere i tagli che metterebbero in seria difficoltà il settore della pesca che in Italia conta 12mila imprese e 28mila lavoratori, oltre all’indotto.
Coldiretti e Federpesca sottolineano il fatto che, con queste limitazioni, la presenza di pesce italiano sui banchi sarebbe drasticamente ridimensionata a favore del pesce in arrivo dall’estero.
Le limitazioni dell’UE vanno a colpire principalmente l’Italia ma interessano in modo marginale i Paesi extraeuropei che insistono sullo stesso areale – Egitto, Libia, Tunisia e Turchia – ma non sono soggetti alle restrizioni imposte dal CGPM e dall’Unione Europea.
Il parere dei sindacati
Un altro punto sul quale concordano non solo Coldiretti e Federpesca, ma anche i sindacati del settore della pesca Fai, Flai e Uila è quello che riguarda la Cisoa (Cassa Integrazione Salariale Operai Agricoli), estesa alla pesca ma senza contare le peculiarità del sistema: infatti non copre i periodi di fermo – estesi dalle restrizioni UE – e finirebbe per diventare un ulteriore onere con pochi benefici per i lavoratori marittimi. Motivo per cui si chiede al Governo di correggere le misure previste dalla legge di bilancio e dare risposte concrete ai lavoratori già nel 2022.
Coldiretti, inoltre, lamenta la «presenza di un sistema nazionale di attività di impresa rigido e obsoleto, spesso legato a condizioni quasi impiegatizie della struttura di lavoro vanificando una possibile e flessibile gestione del lavoro e del reddito, che va incontro anche ad un’attività di impresa attuata nelle migliori condizioni di sicurezza del lavoro evitando forzature spesso pericolose volte al recupero del reddito nell’attuale sistema bloccato dalle rigidità del calendario».
Il mancato ricambio generazionale
I sindacati sottolineano «la necessità di un ammortizzatore sociale funzionale alle necessità del settore, insieme al riconoscimento del lavoro usurante, delle malattie professionali e dell’applicazione del Testo Unico sulla sicurezza». Richieste indispensabili per dare la giusta dignità al lavoro del pescatore.
Un altro tema irrisolto, rilevano i sindacati, è la mancanza di ricambio generazionale che impone l’apertura di un «tavolo interministeriale tra Mipaaf e Ministero del Lavoro se vogliamo difendere un comparto strategico del nostro Made in Italy, dichiarato più volte essenziale in questi tempi di pandemia, che offre cibo fresco e di qualità, frutto di un lavoro duro e faticoso che le istituzioni non possono continuare ad ignorare».