(Rinnovabili.it) – Le mosche della frutta sono considerate tra le specie invasive con il maggiore impatto economico in agricoltura.
Il bacino del Mediterraneo è una tra le regioni più soggette a cambiamenti climatici e, di conseguenza, all’insediamento e alla diffusione di insetti esotici dannosi, a causa dell’aumento della temperatura che rende il clima mediterraneo più simile a quelli tropicali.
Le specie invasive causano danni ingenti
Le specie invasive causano ogni anno, a livello mondiale, danni economici circa dieci volte superiori a quelli dovuti ai disastri naturali. Un numero destinato ad aumentare a causa delladuplice azione di clima e globalizzazione.
A questi danni si aggiungono i costi, altrettanto ingenti, per i programmi di quarantena e di eradicazione delle mosche della frutta.
Tuttavia, interventi così costosi non sempre sono altrettanto efficaci, perché non poggiano su solide basi scientifiche.
Un progetto di ricerca internazionale a cui l’Italia partecipa con l’ENEA sta studiando l’invasività delle mosche della frutta nelle diverse aree geografiche in rapporto al cambiamento climatico.
Dalla ricerca nuove, importanti informazioni
Luigi Ponti, coautore dello studio e ricercatore del Laboratorio ENEA di Sostenibilità, qualità e sicurezza delle produzioni agroalimentari spiega l’importanza della ricerca in corso: «A causa dei cambiamenti climatici l’idoneità climatica al loro insediamento aumenterà in maniera diversa a seconda della specie e le probabilità di una maggiore invasività sono incrementate anche a causa della globalizzazione. Si tratta di informazioni finora non disponibili e che costituivano, al più, semplici ipotesi».
I ricercatori hanno simulato fisiologia e dinamica di popolazione di quattro specie tropicali di mosche della frutta appartenenti alla famiglia dei Tefritidi in relazione alle condizioni meteorologiche e quindi agli effetti del cambiamento climatico.
Per la prima volta si è arrivati a una risoluzione giornaliera e spaziale di 25-30 chilometri.
Diffusione delle mosche della frutta e clima futuro
Alcune specie, come quelle chiamate genericamente mosche della frutta, sono tra i principali fitofagi di piante coltivate e colpiscono in particolare agrumeti, oliveti e altri arbusti a frutti molli.
Le specie più diffuse in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali, sono la mosca delle olive e la mosca mediterranea della frutta.
La biologia delle mosche della frutta è simile in apparenza. Lo studio evidenzia, grazie a modelli matematici, che essa varia a seconda delle condizioni meteorologiche, determinando il loro potenziale di distribuzione geografica e di abbondanza.
La temperatura è la principale variabile guida, con l’umidità relativa che influisce anche sulla sopravvivenza e sulla riproduzione negli adulti.
Lo studio, frutto di una lunga collaborazione con l’Università della California a Berkeley, permette di proiettare la biologia delle mosche della frutta nel clima futuro.
I risultati hanno una maggiore affidabilità rispetto alla correlazione statistica tra la presenza di una specie e il clima osservato in una certa località (il metodo più usato per stimare il rischio da specie invasive), sia la valutazione di eventuali strategie di controllo e di eradicazione a livello territoriale.
Una minaccia per l’ortofrutticoltura mediterranea
Alcune delle specie studiate nella ricerca sono state incluse dell’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) nella lista degli organismi da quarantena a causa dei potenziali danni sociali, economici e ambientali che possono causare.
Stimare distribuzione geografica e abbondanza delle specie invasive è fondamentale per mettere a punto opportune azioni di contrasto.
«Questi insetti minacciano un settore strategico come l’ortofrutticoltura mediterranea, in particolare le colture frutticole perenni come le drupacee (ad esempio pesco e susino), le pomacee (ad esempio melo e pero) e gli agrumi, ma anche coltivazioni orticole annuali come il melone, il cetriolo e il pomodoro», sottolinea Ponti.
Uno scenario destinato mutare con il crescente impatto dei cambiamenti climatici.
«La maggior parte delle aree temperate su cui abbiamo condotto il nostro studio non sono attualmente idonee dal punto di vista climatico all’insediamento di questi insetti, ma si prevede che l’idoneità climatica aumenterà in alcune aree a causa dei cambiamenti climatici, incrementando l’insediamento anche a causa della globalizzazione».