I secondi a base vegetale sono una rarità
Cosa si mangia nelle mense universitarie? L’alimentazione è sana? È sostenibile?
Queste e molte altre domande sono al centro del rapporto Mense per il Clima – Ranking della ristorazione universitaria curato da MenoPerPiùe diffuso da Essere Animali (un gruppo che si occupa di benessere animale e promuove un modello alimentare più sostenibile).
Un’alimentazione a basso impatto ambientale è per tutti
MenoPerPiù è un gruppo di esperti impegnato a dimostrare che un’alimentazione sana e nutriente ma a basso impatto ambientale è possibile e soprattutto è alla portata di tutti.
MenoPerPiù supporta atenei e aziende nell’offrire pasti sostenibili di qualità.
In che modo? Partendo dalla formazione per gli chef, informando le persone sul giusto rapporto con il cibo e sull’impatto di questo sull’ambiente, preparando efficaci campagne di comunicazione.
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La regione più all’avanguardia è la Toscana
Nel 2022 Essere Animali ha coinvolto studenti e docenti nella campagna Mense per il Clima: un appello rivolto ad atenei ed enti per il diritto allo studio affinché le mense universitarie amplino l’offerta di piatti a base vegetale e a basso impatto ambientale.
I dati dimostrano che la strada verso la sostenibilità è ancora lunga per le mense universitarie: la metà di esse non prevede secondi a base vegetale nel menù, solo nel 20% degli atenei sono presenti 1 o 2 volte a settimana.
Positiva invece la situazione per quanto riguarda i primi piatti: il 60% delle mense universitarie offre quasi sempre un primo vegano.
Il rapporto mappa gli atenei che promuovono una maggiore offerta alimentare vegetale. Analizza 58 menù, ma solo 12 rientrano tra i virtuosi. La regione più all’avanguardia nell’innovazione dei menù in chiave ambientale è la Toscana.
Vediamo di seguito la classifica verde delle migliori mense universitarie: Pisa (campus Praticelli), Pisa (Le Piagge) e Siena (Sant’Agata), seguite da Roma (Università Campus Bio-Medico), il polo di Sesto Fiorentino dell’Università di Firenze, Cagliari, Bolzano, Siena (polo San Miniato), Bologna (Irnerio), Firenze (Calamandrei/Caponnetto), Trieste (San Giovanni/Portovecchio), Cosenza.
Università consapevoli possono fare la differenza
Il gruppo di ricerca Demetra ha calcolato l’impatto dei piatti proposti. Il risultato è abbastanza scontato: le emissioni di gas climalteranti di carne o pesce sono tra quattro e dieci volte superiori ai piatti a base di legumi.
Complessivamente, in Italia sta crescendo la consapevolezza del legame tra alimentazione e ambiente. Infatti il 26% delle persone sta eliminando o riducendo la carne nella propria dieta spinto dalla crisi climatica, 1,4 milioni di persone sono diventate vegane e l’88% fa la spesa con l’occhio attento alla sostenibilità.
Il mondo accademico – docenti, studenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo – conta su circa 2 milioni di persone: numeri che, operando scelte opportune, possono contribuire a ridurre l’impatto della nostra alimentazione sull’ambiente.