di Isabella Ceccarini
(rinnovabili.it) – La mensa scolastica ha risentito del Covid? Gli indici di salute e sostenibilità hanno inciso in qualche modo sui menù proposti nelle scuole italiane? Sono alcuni degli aspetti esaminati dal Rapporto di Food Insider “La mensa pre e post lockdown: 5° Rating sui menù scolastici italiani”, presentato insieme a Slow Food nell’ambito di Terra Madre.
Food Insider è stato via via etichettato come “007 delle mense”, “tripadvisor dei menù scolastici”, “osservatorio della bontà”. Nella realtà intende valorizzare le eccellenze tra le mense scolastiche. Dal menù è facile capire se il pasto è in linea con le raccomandazioni dell’OMS, se è sostenibile e a basso impatto ambientale. Come ha precisato Claudia Paltrinieri, fondatrice di Food Insider e ideatrice di questa analisi, «ci muoviamo in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite». In questa edizione dell’indagine sono stati registrati dei miglioramenti come una minore presenza di salumi nel menù (che lo IARC classifica nel gruppo 1 come alimenti cancerogeni), l’introduzione di grani antichi, l’impiego di prodotti locali o comunque attinenti alla tradizione gastronomica locale come le cicerchie ad Ancona e il purè di fave a Bari e Lecce, passatelli e piadina a Rimini, canederli a Trento, fettunta all’olio a Sesto Fiorentino.
Se in alcune scuole c’è una certa resistenza ai cibi biologici (qualcuno ha detto che non sono graditi, come se il bio avesse un sapore particolare), in altre è evidente la scarsa voglia di cucinare (un menù fatto di carote a tronchetto, pizza e budino confezionato la dice lunga). La carne (soprattutto rossa, e in aggiunta anche carne bianca) è proposta troppo spesso, mentre il pesce è presente di rado e soprattutto surgelato (anche se a Rimini compaiono nel menù prodotti ittici locali come gamberoni e pesce azzurro). I legumi, purtroppo, in alcune scuole sono presenti non più di due volte al mese.
Analizzando la scarsa varietà di menù dove abbondano amidi e zuccheri, il prof. Valerio Longo assegna alla scuola una parte di colpa nell’aumento di peso dei bambini. «Siamo nella fase in cui erano gli Stati Uniti 40 anni fa, quando vennero chiuse le cucine nelle scuole per aprire la porta ai cibi dei fast food e agli alimenti processati. I risultati li vediamo oggi, con tassi di obesità e sovrappeso gravissimi».
Come conseguenza del Covid, si è fatto largo il lunchbox, ovvero un piatto termosigillato con cibi pronti preparati in cucine industriali. Il risultato è forte impatto ambientale e qualità scadente, perché i cibi devono essere preparati con ore di anticipo: qualcuno ha ritenuto che la monoporzione fosse più igienica, invece è appurato che il cibo non è fonte di trasmissione del virus. «Abbiamo avviato una raccolta di firme oltre a un appello sui rischi di questa soluzione e per il rilancio della mensa sana e sostenibile. È bastato rimodulare i criteri di sicurezza sul distanziamento ed eliminare i self-service», ha affermato Paltrinieri.
Alimentazione sana e difese immunitarie
Sempre a proposito di Covid, è stato riconosciuto che un’alimentazione sana rafforza il sistema immunitario. Per molti bambini la mensa scolastica è l’unico pasto completo ed equilibrato della giornata, che viene consumato in classe (ognuno seduto nel suo banco) o nel refettorio con il numero di posti dimezzato, e sembra che i bambini mangino di più (quindi ci sono meno scarti umidi). In linea di massima vengono serviti menù semplificati in monoporzioni, con stoviglie monouso (e questo genera più rifiuti, in gran parte riciclabili). Claudia Paltrinieri ha segnalato una buona notizia, l’apertura della prima mensa scolastica a Montefano (MC) dove lavorano 5 persone del paese: da notare che qui non c’è nemmeno un ristorante!
Come ha spiegato Giulio Barocco, tecnico merceologo nutrizionista della Asl di Trieste, la ristorazione scolastica ha un ruolo di giustizia sociale nei casi di fragilità economica. Anche per questo è importante migliorarne la qualità nutrizionale: per fornire ai bambini antiossidanti, polifenoli e vitamine si devono prediligere pasti cucinati all’interno della scuola, proprio per limitare la perdita di elementi nutrienti che è un limite dei processi di produzione. I pasti dei catering non sempre garantiscono il giusto apporto nutritivo: il mantenimento al caldo per più di due ore diminuisce l’attività antiradicali dei cibi, e i valori si confermano migliori anche per le carote grattugiate (quindi con un alimento crudo).
Per Rossella Muroni, vice presidente della Commissione Ambiente della Camera, «la mensa scolastica educa al cibo come salute, legame con il territorio, conoscenza di altre culture e quindi possibilità di integrazione. Il pasto pensato sulle esigenze dei bambini è un presidio dello Stato a servizio di famiglie e bambini. Siamo stati abituati a ritenere che mangiare tanta carne faccia parte della qualità della vita, invece sappiamo che non è così; a scuola si mettono in discussione delle credenze, come quella che vede nel consumo un sintomo di benessere. Nelle mense si parla di proteine vegetali, di scarto e di spreco, purtroppo ancora molto alti, dipendenti anche da abitudini familiari sbagliate».