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Materie prime alimentari, la fluttuazione dei prezzi

Il Food Price Index della FAO misura la variazione mensile dei prezzi internazionali di un paniere di materie prime alimentari comunemente scambiate. Oltre a indicare i cambiamenti tra domanda e offerta, l’andamento dei prezzi segnala anche gli squilibri di mercato che possono peggiorare la sicurezza alimentare

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L’indice di riferimento dei prezzi internazionali delle materie prime alimentari è diminuito per il dodicesimo mese consecutivo a marzo, trainato dal calo delle quotazioni mondiali di cereali e oli vegetali.

I prezzi di un paniere di materie prime alimentari

Lo ha reso noto la FAO nel suo indice dei prezzi alimentari (FAO Food Price Index, FFPI) che misura la variazione mensile dei prezzi internazionali di un paniere di materie prime alimentari comunemente scambiate.

L’andamento dei prezzi delle materie prime agricole e dei prodotti alimentari indica i cambiamenti tra la domanda e l’offerta nonché gli eventuali squilibri di mercato che possono peggiorare la sicurezza alimentare.

Il FFPI viene stilato sulla base della media di cinque indici dei prezzi di alcuni gruppi di materie prime alimentari calcolati sulla media delle esportazioni.

Nel mese di marzo 2023 l’Indice della FAO ha registrato un calo del 2,1% rispetto al mese precedente e del 20,5% al di sotto del livello massimo di marzo 2022.

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Oscillazioni locali con ripercussioni globali

Tanti sono i fattori che incidono sulla variazione dei prezzi delle materie prime alimentari. Trattandosi di una misurazione che riguarda il mondo intero, le oscillazioni rilevate dal FFPI sono legate anche a fattori locali che hanno ripercussioni a livello globale.

Ad esempio, un mix di ampie forniture, una domanda di importazioni contenuta e l’estensione dell’Iniziativa del Grano del Mar Nero hanno contribuito al calo.

L’Indice FAO dei prezzi dei cereali è diminuito del 5,6% rispetto a febbraio, con i prezzi internazionali del grano in calo del 7,1%, spinti verso il basso dalla forte produzione in Australia, dal miglioramento delle condizioni dei raccolti nell’Unione Europea, dalle elevate forniture dalla Federazione Russa e dalle continue esportazioni dall’Ucraina attraverso i suoi porti sul Mar Nero.

Le previsioni di produzione dei cereali sono molto positive, anche se leggermente inferiori al 2022 (-1,3%). In Asia, Sudafrica e Brasile si attendono risultati da record, mentre la siccità comprometterà i raccolti in Argentina, Nord Africa e Nord Europa.

Le scorte mondiali di cereali entro la fine della stagione 2022/2023 dovrebbero diminuire dello 0,3% e il rapporto tra scorte mondiali di cereali e consumo scenderà probabilmente dal 30,7% del 2021/22 al 29,7%, indicando comunque un livello globale complessivamente rassicurante.

Sale l’olio di palma

L’Indice dei prezzi degli oli vegetali è stato in media inferiore del 3,0% rispetto a febbraio 2023 e del 47,7% rispetto a marzo 2022: le consistenti forniture mondiali di cereali e la contenuta richiesta globale di importazioni hanno spinto al ribasso le quotazioni degli oli di soia, colza e girasole.

Al contrario, è salito il prezzo dell’olio di palma: nel sud-est asiatico sono diminuite le produzioni a causa delle inondazioni e delle restrizioni temporanee all’esportazione imposte dall’Indonesia.

I prezzi del burro sono aumentati a causa della domanda di importazioni, quelli del formaggio sono diminuiti sia per il minore volume di acquisti da gran parte degli importatori in Asia, sia  per le maggiori disponibilità dei principali esportatori.

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Un costante aumento lo registra l’Indice FAO dei prezzi dello zucchero (+1,5% da febbraio, il livello più altro dal 2016): una situazione che desta preoccupazione anche per il concomitante calo delle produzioni in India, Tailandia e Cina.

Un rallentamento al trend di aumenti lo ha dato la buona prospettiva dei raccolti di canna da zucchero in Brasile, mentre il calo dei prezzi del greggio ha ridotto la domanda di etanolo.

Le sfide alla sicurezza alimentare

Anche le quotazioni internazionali della carne hanno subito un aumento (+0,5%). Quella bovina ha risentito dell’aumento dei prezzi interni negli Stati Uniti d’America che prevedono minori forniture in futuro, su quella suina ha inciso l’aumento della domanda in Europa prima delle vacanze.

La modesta domanda globale di importazione di pollame ha fatto scendere i prezzi per il nono mese consecutivo, nonostante i focolai di influenza aviaria in diversi grandi paesi esportatori.

«Mentre i prezzi sono scesi a livello globale, sono ancora molto alti e continuano ad aumentare nei mercati interni, ponendo ulteriori sfide alla sicurezza alimentare.

Ciò è particolarmente vero nei Paesi in via di sviluppo importatori netti di prodotti alimentari, con la situazione aggravata dal deprezzamento delle loro valute rispetto al dollaro USA o all’euro e dall’aumento del debito», ha dichiarato Máximo Torero, capo economista della FAO.