di Isabella Ceccarini
Agenda 2030, visione unitaria e dimensione universale della sostenibilità
A che punto è l’Italia nella realizzazione del Goal 2 (Sconfiggere la fame) dell’Agenda 2030 dopo sette anni? Mancano altri sette anni alle scadenze ONU al 2030, ma secondo il sondaggio Ipsos contenuto nell’ultimo Rapporto ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) solo il 19% delle persone lo ritiene un Obiettivo prioritario.
Il 25 settembre 2015 193 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno adottato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Nel 2016 l’Agenda è entrata in vigore con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ed è diventata il quadro di riferimento per misurare lo stato dello sviluppo sostenibile globale da qui al 2030.
I 17 Goals si articolano in 169 Target a cui si aggiungono oltre 240 indicatori: tutti insieme costituiscono la “cassetta degli attrezzi” con cui sia l’ONU che le opinioni pubbliche nazionali e internazionali valutano periodicamente i singoli Paesi.
Le cinque P dell’Agenda 2030
L’Agenda 2030 si basa su cinque concetti chiave, le cosiddette cinque P: persone, prosperità, pace, partnership, pianeta.
Chiama all’azione tutti Paesi del mondo a trovare soluzioni comuni alle grandi sfide del Pianeta: fame, povertà, ambiente, parità di genere, istruzione, salute, lavoro, acqua, cambiamento climatico, disuguaglianze, innovazione, infrastrutture, crescita economica, consumo e produzione responsabili.
Per la prima volta l’Agenda 2030 supera l’idea che la sostenibilità sia solo una questione ambientale e affronta tutto ciò che riguarda lo sviluppo con una visione unitaria e in una dimensione universale.
Cresce l’agricoltura biologica, diminuiscono le emissioni di gas serra
Il Goal 2 è un obiettivo realizzabile o un’utopia? Dopo sette anni, il suo andamento è altalenante ma complessivamente è rimasto stabile tra il 2010 e il 2022.
In ambito europeo, l’Italia si colloca al terzo posto per la realizzazione del Goal 2 con un progresso in linea con quello degli altri Paesi.
Il nostro Paese ha un posizionamento migliore per quanto riguarda la maggiore quota di coltivazioni biologiche (16,8% contro la media del 9,4%) e il minore uso di fertilizzanti; inoltre, sono diminuite le emissioni di gas serra dell’agricoltura.
L’occupazione in agricoltura è irregolare, c’è parecchio sfruttamento del lavoro e chi mette a repentaglio l’ambiente e la sicurezza dei consumatori.
Il supporto pubblico all’agricoltura è invece troppo basso: 5,1 euro per abitante contro la media europea di 7,5 euro).
Tra gli interventi legati al PNRR ci sono investimenti strategici nelle agroenergie e nella resilienza del sistema irriguo, nell’innovazione e nella ricerca, nella tutela e nella valorizzazione del territorio.
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Cosa serve per centrare il Goal 2 entro il 2030?
In Italia la sicurezza alimentare non è percepita come un problema; tuttavia, il Covid e l’inflazione hanno creato originato segnali divergenti.
Le famiglie acquistano cibi non salubri a causa della ridotta capacità di spesa, sono aumentate la sedentarietà e l’insicurezza alimentare, specie al Sud.
Dal 2015 il tasso di obesità e sovrappeso è costantemente aumentato anche se di poco, dal 44,1% al 44,5%. Nello stesso periodo è diminuita (da 18,8% a 16,8%) la percentuale di popolazione con alimentazione adeguata, ovvero con quattro porzioni al giorno di frutta e/o verdura.
Cosa serve per centrare il Goal 2 entro il 2030? Secondo ASviS, «innovazione, cooperazione all’interno delle filiere e responsabilità sociale delle aziende agricole». Inoltre, «produttori e famiglie devono essere più consapevoli del ruolo del cibo in termini di benessere sociale e impatto ambientale».
Infine, non si deve «tralasciare il ruolo centrale dei sistemi agricoli, ovvero la produzione di alimenti, da porre in parallelo con la necessità di assicurarne la disponibilità per tutta la popolazione mondiale in costante incremento».