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Il lievito italiano nasce e cresce nel segno della sostenibilità

Al Sigep di Rimini, il gruppo Lievito da zuccheri di ASSITOL ha ribadito le ragioni che hanno portato il settore a conquistare il mercato in Europa, sottolineando l’importanza della filiera Made in Italy, l’attenzione alla sicurezza e la vocazione alla sostenibilità

Foto Assitol

Dai residui di lavorazione si ottiene un fertilizzante naturale

Chi non ha usato il lievito in cucina almeno una volta? Ci accompagna da sempre: gli archeologi hanno scoperto che gli egizi lo usavano circa 4000 anni fa. Nel periodo del lockdown siamo diventati tutti panificatori; i suoi impieghi vanno dai dolci al pane, dalla pizza alla birra, ma soprattutto fanno crescere la sostenibilità. Ma andiamo con ordine. Il lievito è un microscopico fungo unicellulare del genere Saccaromyces cerevisiae, naturalmente presente in natura, che si coltiva con il melasso, un sottoprodotto ottenuto dalla lavorazione della barbabietola da zucchero. È un ottimo esempio di economia circolare: il coprodotto di questa lavorazione è la borlanda. Una volta separata dal lievito, diventa un fertilizzante biologico in agricoltura o un mangime per gli animali.

Il lievito italiano

Al Sigep di Rimini, il gruppo Lievito da zuccheri di ASSITOL ha ribadito le ragioni che hanno portato il lievito italiano a conquistare il mercato in Europa. Come spiega Claudio Bersellini, direttore industriale di Lesaffre Italia, azienda all’avanguardia con impatti di produzione sempre più sostenibili, «non ci occupiamo di semplici reazioni chimiche, coltiviamo un essere vivente. È quindi essenziale prevenire i problemi, lavorando sulla sicurezza dei processi, per poi costruire una vera e propria “catena del valore”, che ha inizio con le materie prime». Di tali materie prime si deve garantire la completa tracciabilità inoltre, poiché «la qualità deve mantenersi costante nel tempo, perché verifichiamo continuamente i nostri fornitori, a tutti i livelli: dal melasso all’imballaggio fino al prodotto di lavaggio».

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Coltivatori di lievito

«Siamo coltivatori di lievito», afferma Pietro Grechi, amministratore delegato di Zeus Iba. «Il lievito ha bisogno di “crescere” in condizioni ottimali, che noi assicuriamo attraverso una serie di procedure e tecnologie all’avanguardia. L‘alto livello qualitativo dei nostri prodotti e l’attenzione a tutti i diversi aspetti della sicurezza ha consentito al nostro comparto di conquistare una posizione di leadership, soprattutto nel Sud dell’Europa». L’apprezzamento per il lievito italiano è evidente: le aziende italiane muovono circa 100mila tonnellate l’anno di prodotto, venduto per metà all’estero.

La qualità del lievito Zeus è certificata. Per produrre il lievito per la panificazione segue i più elevati standard di sicurezza, come attesta la certificazione FSSC 22000 – version 5 sul rispetto di uno standard di eccellenza qualitativa applicato – su base volontaria – dalle imprese dell’industria alimentare.  

Certificazione e sostenibilità

La certificazione, riconosciuta a livello internazionale, considera gli standard italiani ed esteri nel campo della sicurezza alimentare, dell’analisi dei rischi e del controllo delle criticità (HACCP). Lo standard di qualità è stato redatto da Esperti provenienti da oltre 20 paesi e rappresentanti di organizzazioni internazionali – come Codex Alimentarius Commission, Global Food Safety Initiative (GFSI), Confederazione delle industrie agro-alimentari dell’Unione europea (CIAA) – hanno redatto lo standard di qualità.

La circolarità dei processi produttivi, come si è accennato, fa del lievito un prodotto ad alto tasso di sostenibilità. Ma le aziende puntano ancora più in alto, vogliono raggiungere la carbon neutrality cominciando dall’efficienza energetica. Spiega Jacopo Vaja Zurli, EMEA Energy Manager di AB Mauri, azienda che declina la sostenibilità nelle sue tre dimensioni: «Il nostro settore impiega grandi quantità di energia elettrica e termica, ecco perché utilizziamo impianti avanzati di cogenerazione. Inoltre sviluppiamo e implementiamo continuamente soluzioni innovative di efficienza energetica dei processi produttivi in una visione di transizione energetica».

Risparmio idrico

L’acqua è il substrato in cui il lievito vive e si sviluppa. Tuttavia, «le aziende hanno programmi per la riduzione nell’uso e il riutilizzo delle acque e sono dotate di trattamenti interni tra i più avanzati. La componente di acqua non riutilizzabile viene smaltita, previo trattamento.  Va sottolineato che i limiti allo scarico che rispettiamo sono tra i più severi al mondo, a conferma che le nostre norme ambientali sono assai stringenti».

Gli utilizzatori sono i primi garanti della qualità di un prodotto alimentare. Come sottolinea Adriano Albanesi, panificatore romano e rappresentante del Richemont Club – organizzazione internazionale della panificazione di qualità – del lievito non si può fare a meno e dobbiamo poter contare su una filiera italiana di qualità per evitare problemi di approvvigionamento.