di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Nel giorno in cui si festeggia la donna è doverosa qualche riflessione, anche facendo riferimento all’agricoltura dove le imprenditrici sono numerose.
Donna e agricoltura, un binomio di valore strategico
L’imprenditoria agricola femminile è ritenuta di importanza secondaria, invece ha un valore strategico per l’economia e per la sicurezza alimentare. Secondo la FAO, aumentare l’occupazione delle donne in agricoltura nei paesi in via di sviluppo farebbe crescere la produzione del 30%.
Molta strada è stata fatta, ma altrettanta è ancora da fare. Pensiamo agli effetti della pandemia: nel dicembre 2020 si sono persi 101mila posti di lavoro, 99mila erano occupati da donne.
Quando arriva la festa della donna si fanno sempre osservazioni sulla condizione femminile. Rimanendo nel solo ambito lavorativo, Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna, nota che «c’è abbondanza di norme per promuovere l’occupazione e l’imprenditoria femminile, ma la loro efficacia è ridotta.
L’ultimo report pubblicato da Citi in Global Perspectives&Solutions sottolinea come la parità di genere nelle imprese non solo aumenterebbe fino al 3% il Pil mondiale, ma porterebbe anche parecchie centinaia di milioni di posti di lavoro».
Le donne investono in innovazione e sostenibilità
Le donne sono particolarmente presenti nelle nuove attività che ruotano intorno all’agricoltura e che rendono le aziende multifunzionali: educazione alimentare e ambientale con le scuole, agriasili, fattorie didattiche, percorsi rurali di pet-therapy, orti didattici, agriturismi. In più, le imprese agricole femminili sono più innovative e più resilienti.
Le donne, inoltre, hanno una naturale propensione al nuovo, e fanno volentieri uso di droni, di rilevazioni satellitari, di agricoltura di precisione: investono per rendere le aziende agricole più innovative e più sostenibili.
Non è un caso se le imprese agricole condotte dalle donne hanno sopportato meglio gli effetti della pandemia. A fronte della totalità delle imprese agricole, il 28% di quelle condotte dalle donne sono perfino riuscite ad aumentare il fatturato.
Le donne che scelgono l’agricoltura sanno coniugare le sfide del mercato con il rispetto dell’ambiente e della biodiversità, sono attente alla sostenibilità sociale e alla valorizzazione dei prodotti tipici del territorio.
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Cresce la presenza delle donne in agricoltura
Chiara Bortolas, presidente di Coldiretti Donne Impresa, afferma che «grazie alle grandi opportunità offerte dall’agricoltura multifunzionale attenta al sociale, all’ambiente e ai cittadini aumenta il numero delle donne ai vertici delle aziende agricole con l’offerta di prodotti e servizi innovativi alla collettività.
Quindi difendere il patrimonio di esperienze femminili significa sostenere economia, lavoro e territorio».
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L’agricoltura è un settore in cui la presenza delle donne è in crescita: 202mila imprese agricole (pari al 28% del totale), molte delle quali sono condotte da donne under 35.
Un numero che porta l’agricoltura nella top five dei settori con il più alto tasso di femminilizzazione dopo servizi, sanità, istruzione e alloggio/ristorazione (dati Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere).
Brave, determinate e laureate
Eppure, nonostante questi numeri, c’è qualche conto che non torna. Le donne sono brave, determinate e con un alto tasso di scolarizzazione (due su tre sono laureate), ma ancora devono lottare per affermarsi.
La rappresentanza è quasi completamente maschile e le produttrici lamentano il fatto che a questo 28% delle imprese non è riconosciuto pari valore al momento dell’allocazione delle risorse: il sistema creditizio non ha fiducia nelle donne.
Il primo nemico (ma lo è per chiunque voglia fare impresa in Italia) è la burocrazia, il secondo la carenza/mancanza di infrastrutture (strade, scuole, servizi, indispensabili alle imprenditrici madri) specie se le aziende agricole si trovano in zone interne.
Ad esempio, è impossibile parlare di innovazione tecnologica senza la copertura necessaria: non si può pensare alla digitalizzazione, a usare sistemi innovativi o banalmente a far funzionare una piattaforma di e-commerce.
Se vogliamo che l’agricoltura e le donne che vi si dedicano possano fornire alle persone un cibo sano e sostenibile e siano quindi un motore della sicurezza alimentare il primo cambiamento deve essere culturale. È un tema su cui riflettere, non solo l’8 marzo. Perché, a conti fatti, conviene a tutti.