L’Italia è colpita dalla più grave siccità da settant’anni a questa parte. L’acqua salata dell’Adriatico sta risalendo dalla foce del Po contaminando le falde sotterranee e desertificando i terreni. I coltivatori sono allo stremo e provano a sostituire le colture abituali con altre che richiedono meno acqua
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Il livello del Po è l’indice della siccità incombente sull’Italia. È la crisi più grave degli ultimi settant’anni. La portata del fiume si è ridotto di un sesto e l’Adriatico è già risalito di 17 Km dalla foce.
Questo significa che l’acqua salata contamina le falde sotterranee e desertifica terreni prima coltivabili. Una situazione così drammatica che alcune coltivazioni sono state abbandonate e potrebbe rendersi necessario il razionamento di acqua nelle case.
Siccità e cambiamento climatico
La siccità è il risultato di un inverno senza pioggia e senza neve. Il mese di maggio è stato il più caldo di sempre dal 1800 ad oggi.
Secondo il CNR è caduto il 40% di pioggia in meno, per l’Osservatorio Europeo per la Siccità (EDO) in montagna è caduto il 40% della neve abituale. È plausibile affermare che questo scenario dipenda dal cambiamento climatico in atto.
Nella Pianura Padana risiede il 40% del Pil agricolo italiano, ovvio che il livello di preoccupazione cresca con il prolungarsi della siccità.
È improbabile che un deficit idrico di questa gravità si risolva in estate, il periodo in cui il clima è più caldo le coltivazioni hanno maggior bisogno di essere irrigate.
La ripercussione sulle coltivazioni
La scarsità di acqua riduce anche le rese delle coltivazioni in campo come girasole, mais, grano e degli altri cereali, dei foraggi per l’alimentazione animale, degli ortaggi e della frutta.
La guerra in Ucraina e i rincari dell’energia già pesano sul carrello della spesa (a maggio +7,1%), la siccità non può che aggravare la situazione, anche perché si estende su tutta la Penisola.
Per ovviare ai problemi connessi alla siccità, Coldiretti e Anbi (l’Associazione che riunisce i consorzi di bonifica) hanno elaborato da tempo un progetto per la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presenti.
Il progetto – subito realizzabile – prevede la realizzazione di laghetti in equilibrio con i territori, senza uso di cemento. L’acqua accumulata sarebbe distribuita, quando necessario, ai cittadini, all’industria e all’agricoltura.
Interventi straordinari per salvare i raccolti
«Salvare i raccolti e la produzione alimentare. È la priorità delle imprese agricole del Nord Italia alle prese con una siccità che richiede interventi straordinari e immediati, capaci di far fronte a una nuova emergenza», è quanto dichiara Confagricoltura.
L’associazione rileva anche un ulteriore segnale di allarme, a dimostrazione che la siccità non è più considerata una calamità sporadica: le compagnie di assicurazione non contemplano più il rischio siccità tra i servizi riconosciuti.
Il quadro descritto da Confagricoltura, che raccoglie le segnalazioni degli agricoltori da tutta Italia, è drammatico e sta facendo cambiare le coltivazioni in base al consumo idrico. Ad esempio il riso, che ha bisogno di molta acqua, lascia il posto alla soia.
«In Piemonte per orzo e grano si parla di una riduzione della produzione del 30%. Le semine del mais si sono ridotte a favore di colture meno esigenti dal punto di vista idrico, quali sorgo e girasole. A rischio anche la coltivazione del pomodoro da industria. Soffrono pure la vite e il nocciolo. I pascoli sono allo stremo.
In Lombardia, in provincia di Pavia, si sta trinciando il mais, con raccolti del 70 % in meno rispetto a quanto si raccoglierebbe ad agosto, pur di non compromettere del tutto la produzione che rischia di non essere più recuperabile.
Il balzo dei costi di irrigazione colpisce il comparto frutta. In Emilia Romagna dare acqua ai frutteti costerà in media 430 euro a ettaro soltanto di energia elettrica. Nel 2020 la stessa voce di spesa si attestava a 92 euro.
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Il quadro si fa più allarmante se si osservano i fabbisogni idrici previsti per portare a termine la campagna frutticola nella stessa regione. Per albicocche, ciliegie, pesche e susine bisogna erogare ancora il 70% dei volumi d’acqua richiesti; per pere e mele l’88%, e si è appena all’inizio della stagione, con il livello del Po al minimo storico, quindi senza scorte».
La stessa situazione che si sta verificando anche in Centro e Sud Italia è segnalata anche in altri Paesi europei.
Confagricoltura sta pensando ad azioni in sede europea insieme alle analoghe organizzazioni di altri Paesi, perché le aziende sono allo stremo, strette fra pandemia e guerra.
Confagricoltura, inoltre, chiede al Governo di mettere in atto misure urgenti per rispondere all’emergenza, come gli interventi infrastrutturali già finanziati e in avanzato iter procedurale.