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La migrazione cambia il volto delle aziende agricole familiari

Una ricerca svolta in Burkina Faso indaga sulle ragioni e sugli effetti della migrazione sulle piccole aziende agricole a carattere familiare. Quasi tutti i migranti sono uomini perché le norme sociali di fatto negano la libertà di movimento delle donne. In compenso, la gestione delle aziende agricole passa nelle loro mani

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via depositphotos.com

Gli effetti della migrazione nell’Altopiano Centrale del Burkina Faso

Quanto influisce la migrazione di genere sulle aziende agricole a carattere familiare? L’impatto dei cambiamenti climatici, il degrado del suolo e il basso rendimento del lavoro agricolo stanno cambiando lo scenario delle campagne, in modo particolare nei Paesi più fragili.

A questi fattori bisogna anche aggiungere che gli abitanti delle zone rurali considerano la migrazione e la diversificazione delle fonti di sostentamento come una possibilità per migliorare il reddito della famiglia.

Migrazione temporanea e permanente

Le spinte migratorie riguardano quasi sempre i giovani: alcune volte si tratta di una migrazione temporanea, altre diventa permanente.

È un fenomeno specifico di cui si sa ancora poco e si sta studiando come la migrazione influenzi i sistemi di produzione agricola dei piccoli proprietari. Sicuramente i giovani migrano perché sono meno interessati all’agricoltura e più all’acquisto di beni e perché più insofferenti alle limitazioni poste dalla famiglia.

I ricercatori di Alliance of Bioversity International and CIAT, in collaborazione con Association Tiipaalga, stanno studiando gli effetti della migrazione nell’Altopiano Centrale del Burkina Faso. La ricerca fa parte di uno studio comparativo svolto con World Agroforestry in Kenya. Qui, ad esempio, la combinazione di assenza di uomini con la limitazione del lavoro femminile alle sole attività agricole, fa sì che queste attività siano quasi interamente in mano alle donne anche per quanto riguarda la gestione dell’azienda e la commercializzazione dei prodotti agricoli.

Quasi tutti i migranti sono uomini

Nella zona presa in esame dai ricercatori si rileva un alto tasso di migrazione, sia permanente che temporanea (questo tipo di migrazione permette periodicamente di tornare a casa). Quasi tutti i migranti dello studio sono uomini: raramente sono i capifamiglia, più spesso i loro figli o i loro fratelli.

È molto raro trovarsi in presenza di migrazioni di donne. Le norme culturali costituiscono un freno alla loro indipendenza di movimento; in base alle aspettative sociali le donne devono prendersi cura della casa, dei figli e della famiglia in generale, e poi è considerato sconveniente che una donna si allontani da casa da sola. Quindi, in sostanza, gli uomini proibiscono alle donne di migrare.

Un altro aspetto che pesa sulla migrazione è la dimensione della famiglia. Le famiglie numerose hanno proprietà terriere più grandi e qualche membro della famiglia può permettersi di migrare. Non altrettanto avviene nelle famiglie piccole: se ad esempio ci sono tre persone, la partenza di una di esse farebbe morire di fame le altre due, incapaci di trarre sostentamento dal lavoro agricolo.

I migranti temporanei, ad esempio, nei periodi in cui c’è bisogno di più braccia, tornano a lavorare in campagna ma con un impegno ridotto che si riflette su un calo della produttività agricola. Tuttavia, la maggior parte dei migranti invia delle rimesse alle famiglie: piccoli importi che però sono preziosi per la sopravvivenza.

Per questa ragione le famiglie incoraggiano i giovani alla migrazione, anche perché temono che rimanere legati a un lavoro pieno di incertezze come quello agricolo sia un rischio che non vale la pena correre.