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La crisi della ristorazione che uccide l’agroalimentare

La filiera agroalimentare vale 538 miliardi di euro, ovvero il 25% del Pil. La crisi della ristorazione travolge un settore che occupa 3,6 milioni di addetti

(Rinnovabili.it) – L’Italia a colori penalizza la ristorazione, l’altalena di ordinanze per aperture, semi aperture, chiusure impedisce qualunque programmazione delle attività. Come riporta Coldiretti, le chiusure a gennaio sono costate al mondo della ristorazione – che comprende bar, pizzerie, ristoranti, alberghi e agriturismi – perdite per 5 milioni di euro. L’impatto sull’economia e sull’occupazione è tragico.

Nelle zone rosse e arancioni è permessa solamente la consegna a domicilio, la ristorazione con asporto è consentita fino alle 22 ma per i bar l’orario è anticipato alle 18. Nelle zone gialle le attività di ristorazione al tavolo sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 ed è possibile la consegna a domicilio; è consentita la ristorazione con asporto fino alle 22, ma anche in caso di zona gialla lo stop all’asporto per i bar è anticipato alle 18.

Per molti locali, tuttavia, queste limitazioni alle aperture e al tipo di servizio non sono economicamente sostenibili: molti gestori preferiscono non riaprire affatto, perché le spese sarebbero superiori agli incassi, e sperano che si creino presto condizioni diverse per garantire la loro sopravvivenza.

L’ultima brutta notizia arriva dal fronte dei vaccini, un ritardo che scoraggia ulteriormente gli italiani dal mangiare fuori casa. La pandemia ha causato finora perdite che sfiorano i 41 miliardi di euro (stime Coldiretti su dati Ismea) e fatto quasi dimezzare il fatturato del settore della ristorazione, sceso addirittura del 48%.

La chiusura di bar, ristoranti, alberghi, pizzerie e agriturismi ha un effetto drammatico sull’intera filiera agroalimentare che aveva in questo comparto il principale sbocco commerciale, che non viene certo colmato dal canale della grande distribuzione e tantomeno dai negozi di vicinato. Prodotti di qualità come carne, pesce, vino, olio, formaggi, salumi e anche gli ortofrutticoli hanno perso una fetta fondamentale del loro mercato. Per i prodotti ittici e vitivinicolo la ristorazione è il canale commerciale principale.

Limitare l’attività delle imprese deve prevedere contemporaneamente dei sostegni economici tempestivi e concreti per l’intera filiera agroalimentare, pena la morte di un settore economico – che si distingue per qualità e varietà – per il quale l’Italia è famosa nel mondo: significa imboccare la strada di una disoccupazione senza speranza. Vale la pena ricordare che la filiera agroalimentare vale 538 miliardi di euro, ovvero il 25% del Pil. Il blocco della ristorazione provoca un effetto domino che coinvolge 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole che danno lavoro a 3,6 milioni di addetti. L’agroalimentare è strategico per il nostro Paese, ancora di più con la pandemia che strangola i consumi.