di Isabella Ceccarini
A livello globale, i sistemi agroalimentari sono i “datori di lavoro” del 36% delle donne che lavorano. Una percentuale che è vistosamente calata negli ultimi vent’anni a causa di una generale riduzione dell’occupazione nella produzione agricola primaria, pur rimanendo la principale fonte di occupazione in molti paesi.
L’occupazione nei sistemi agroalimentari è legata ai bassi livelli di sviluppo
Ad esempio, nell’Africa sub-sahariana il 66% delle donne lavora nell’agroalimentare, contro il 60% degli uomini. Nell’Asia meridionale la forbice dell’occupazione nei sistemi agroalimentari si allarga ulteriormente – 71% a 47% – sebbene nella forza lavoro ci siano meno donne e più uomini. In generale, è la fonte principale di occupazione per le ragazze tra i 15 e i 24 anni.
Un’analisi dettagliata della situazione delle donne in agricoltura la fornisce il rapporto The status osf women in agrifood systems della FAO.
Il rapporto sottolinea che il livello dell’occupazione femminile nell’agroalimentare è così alta dove sono comunque bassi i livelli di sviluppo, l’istruzione è inadeguata, è difficile accedere alle infrastrutture ai mercati, il carico di lavoro non retribuito è molto alto e ci sono scarse possibilità di occupazione al di fuori dell’agricoltura.
Condizioni sfavorevoli, tra conflitti e shock climatici
Di solito le donne impegnate in agricoltura nei paesi più poveri lavorano in condizioni molto sfavorevoli, tra eventi climatici estremi e spesso in situazioni di conflitto.
Hanno scarsissime occasioni di diventare imprenditrici, più spesso sono impegnate nelle colture meno redditizie e non sono retribuite, se si tratta di aziende familiari.
Se invece lavorano al di fuori della famiglia sono comunque pagate meno degli uomini. Una discriminazione che puntualmente si ripete anche se lavorano al di fuori dell’azienda agricola.
Al lavoro nei campi si aggiunge quello domestico e di cura della famiglia, in cui rientra anche la raccolta dell’acqua.
Leggi anche Donne rurali, donne invisibili
Le donne sono penalizzate anche nella proprietà dei terreni
I divari direttamente legati alla produzione agricola rimangono notevoli. Quelli di genere nell’istruzione, nella finanza e nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che sono particolarmente importanti per lo sviluppo delle imprese al di fuori dell’azienda agricola e delle opportunità di occupazione nei sistemi agroalimentari, si stanno colmando più rapidamente.
Rispetto agli uomini, le donne sono anche significativamente svantaggiate nella proprietà agricola: la proprietà o i diritti di proprietà sui terreni agricoli è doppia per gli uomini rispetto alle donne.
Negli ultimi dieci anni si è registrato qualche sensibile miglioramento, ma la parità è ancora un miraggio. Basti pensare che le donne hanno difficile accesso perfino all’irrigazione o alla proprietà del bestiame.
Le donne hanno ancora un accesso significativamente inferiore rispetto agli uomini a sementi selezionate, fertilizzanti e attrezzature meccaniche.
Internet e conti bancari, piccoli spiragli di normalizzazione
Una nota positiva è la diminuzione del divario di genere nell’accesso a Internet e ai conti bancari.
Tuttavia perle donne continuano ad essere limite la mobilità, le possibilità di lavoro non domestico e le attività di mercato, considerando che gli uomini hanno anche il pieno controllo sui beni e sul reddito.
L’elevato, inaccettabile livello di discriminazione rimane purtroppo elevato a livello globale, limitando l’occupazione piena delle donne nei sistemi agroalimentari (come venditori, datori di lavoro o dipendenti) e influisce sulla loro capacità di accedere e beneficiare di servizi, tecnologie e organizzazioni rurali.
Promuovere l’emancipazione delle donne porta un beneficio all’intera comunità, con un impatto positivo sulla produzione agricola, sulla sicurezza alimentare, sulle diete e sulla nutrizione infantile.
Leggi anche L’agricoltura è donna
Coinvolgere uomini e ragazzi nei programmi di empowerment femminile
Realizzare l’uguaglianza di genere significa abbattere norme vincolanti e rigidi ruoli sociali. I progetti di empowerment delle donne realizzati dalla FAO coinvolgono uomini, ragazzi e leader della comunità in processi di trasformazione di genere, il primo passo per cambiare i ruoli anche nei sistemi agroalimentari.
Ovviamente le cose cambiano quando c’è la volontà politica di farle cambiare. Il rapporto della FAO rileva che in Africa e in America Latina si stanno facendo piccoli passi avanti dopo aver riscontrato la gravità del divario di genere.
Le donne hanno spesso una maggiore sensibilità agli shock climatici e ai disastri naturali rispetto agli uomini e hanno diverse capacità di resilienza, ma continuano ad essere sottorappresentate nel processo decisionale in materia di politica climatica a tutti i livelli.
I conflitti e l’insicurezza rimangono fattori chiave delle crisi alimentari e dell’insicurezza alimentare: situazioni in cui le donne sono più vulnerabili, anche a causa della loro debolezza sociale, dello scarso accesso all’istruzione e della mancanza di un sistema sanitario efficiente.