Nutrizione e biocarburanti, possibili applicazioni future
Le alghe marine producono un tipo particolare di clorofilla che potrebbe essere utile alle piante coltivate in terra. Un gruppo di scienziati della University of California – Riverside hanno scoperto che impiantando questo gene nelle piante terrestri si potrebbero migliorare i raccolti. La scoperta arriva dopo lunghi studi per capire come le alghe potessero produrre questo tipo di clorofilla e sopravvivere.
A cosa serve la clorofilla
La clorofilla è un pigmento che consente la fotosintesi, il processo di conversione della luce in nutrimento o energia chimica per le piante. Le piante producono clorofilla a e b, mentre la maggior parte delle alghe marine e del kelp producono clorofilla c, che consente loro di assorbire la luce blu-verde che raggiunge l’acqua.
I tipi di clorofilla b e c assorbono la luce a diverse lunghezze d’onda, un’evoluzione per riuscire a catturare la luce blu-verde che penetra più in profondità nell’acqua.
Spiega Tingting Xiang, docente di Bioingegneria e tra gli autori dello studio Biosynthesis of chlorophyll c in a dinoflagellate and heterologous production in planta, pubblicato in “Current Biology”: «Le alghe marine producono la metà di tutto l’ossigeno che respiriamo, ancor più delle piante a terra, e alimentano enormi reti alimentari, pesci che vengono mangiati da mammiferi e da umani. Tuttavia, fino ad ora non abbiamo ancora capito le basi genetiche per la sopravvivenza delle alghe».
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L’esperimento sulle piante di tabacco
Lo studio presenta un risultato unico nel suo genere, poiché dimostra che un impianto a terra potrebbe produrre la clorofilla marina.
Gli scienziati hanno condotto un esperimento sulle piante di tabacco, ma in teoria si potrebbe replicare su altre piante. Qualunque pianta di terra potrebbe essere in grado di incorporare il gene delle alghe marine ed essere così in grado si assorbire uno spettro di luce più ampio e crescere in modo più soddisfacente.
I risultati della ricerca si potrebbero applicare anche per la produzione di biocarburanti derivati dalle alghe: alcune producono la clorofilla a e b, impiantando il tipo c potrebbero migliorare la capacità di utilizzare la luce e cresere più velocemente, creando più materie prime per i combustibili.
Come molte scoperte, anche questa è un po’ frutto del caso. I ricercatori studiavano le alghe che danno la colorazione ai coralli, e come la fotosintesi li avrebbe influenzati, così hanno scoperto il gene responsabile della produzione della clorofilla c: quando viene a mancare i coralli sbiancano. Per ora si tratta si una curiosità scientifica, ma le applicazioni future potrebbero riservare importanti sorprese nel campo dell’energia e della nutrizione.