Tra due giorni la Commissione Agricoltura della Camera si esprimerà su un decreto che stanzia milioni per lo sviluppo dei nuovi OGM, ma la Corte di Giustizia dell'UE potrebbe dichiararli illegali a settembre
Mentre si attende il parere della Corte Europea sui nuovi OGM
(Rinnovabili.it) – L’Unione Europea non ha ancora deciso se le nuove tecniche di manipolazione genetica producano colture OGM a tutti gli effetti, oppure se legalmente queste possano aggirare la direttiva comunitaria che disciplina i prodotti transgenici e quindi entrare nei campi di tutta Europa. Per conoscere il destino di questi nuovi OGM, ottenuti con metodi sviluppati dopo l’entrata in vigore della direttiva, bisognerà aspettare una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, investita dal Consiglio di Stato francese del ruolo di fare chiarezza. Il giudizio sulla natura di questi nuovi organismi è atteso nei prossimi mesi, eppure l’Italia si sta muovendo per approvare un decreto del Ministero dell’Agricoltura che stanzia 21 milioni di euro per ricerche in questo campo. La commissione Agricoltura della Camera dei Deputati dovrà dare un parere, entro venerdì, sul piano di finanziamento straordinario sulle “Biotecnologie sostenibili per l’agricoltura italiana” presentato dal Ministero su input del CREA (Consiglio di ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), senza sapere se sta spendendo denaro nella promozione di OGM illegali.
Secondo l’Associazione Rurale Italiana (ARI), il decreto «contiene di fatto una serie di decisioni politiche destinate ad avere un forte impatto normativo, poiché stabilisce che i prodotti che risultano dall’applicazione delle cosiddette nuove tecniche di creazione varietale (NBT), in particolare da cisgenesi e genome editing, non siano considerati OGM».
Gli obiettivi del progetto stilato dal CREA si basano su un parere favorevole dell’EFSA (l’Agenzia UE per la sicurezza alimentare) e puntano a «costituire nuovi genotipi più resistenti agli stress abiotici, alle malattie e ai parassiti, dotati di nuovi caratteri di qualità nutrizionali e tecnologiche e più idonei alle nuove esigenze di coltivazione».
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Il 3 luglio scorso, tuttavia, il commissario europeo Vytenis Andriuakitis, convocato al Parlamento UE per rispondere ad una interrogazione, ha ammesso che «malgrado anni di dibattiti e lavori di esperti, nessuna decisione è stata ancora presa relativamente al quadro giuridico applicabile alle “nuove tecniche di selezione” nell’Unione Europea. Non esiste nessuna misura specifica di valutazione, di biosicurezza, di tracciabilità o di etichettatura ai prodotti ottenuti con questi procedimenti».
Nonostante questo vuoto normativo l’Italia sembra già sicura del fatto che i cosiddetti nuovi OGM non rientreranno nel perimetro della direttiva europea, al punto da impegnare decine di milioni di euro nel loro sviluppo. Del resto, lo stesso Ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, ha dichiarato che «se l’Europa deciderà, come spero, che cisgenesi e genome editing sono distinguibili dalle vecchie tecnologie OGM su basi scientifiche, dobbiamo prepararci ad affrontare questa nuova frontiera».
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La battaglia, anche se si svolge in punta di diritto, è di natura profondamente politica. Si scontrano due modelli agricoli differenti, uno fondato sull’agroecologia e la riconversione ecologica mediante tecniche naturali, l’altro figlio di un approccio tecnologico e industriale.
Le nuove tecniche (New Breeding Techniques – NBT) tentano di dare slancio a quest’ultimo, consentendogli di sfuggire alla regolamentazione grazie ad una caratteristica specifica: nessun DNA estraneo finisce nelle piante create in laboratorio, perché i ricercatori sono riusciti a sopprimere i geni presenti nel genoma dei vegetali senza ricorrere ad un vettore batterico. Così, chi li sostiene afferma che non si tratti di OGM, mentre chi si oppone ritiene che sia solo un altro escamotage per far rientrare dalla finestra le colture transgeniche in un continente che finora è riuscito a vietarle quasi completamente.