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Investire sull’agroalimentare per la ripartenza dell’Italia

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di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – L’agroalimentare può offrire grandi opportunità in termini economici, occupazionali e sociali, e quindi è un tassello fondamentale per la ripartenza dell’Italia. Il mondo che ruota intorno all’agroalimentare – agricoltori, imprenditori agricoli, aziende agricole, cooperative, associazioni – ha esposto al premier Mario Draghi le esigenze e le priorità del settore. Draghi «ha dimostrato di conoscere molto bene la situazione dell’agroalimentare del Paese e di avere chiare le linee sulle quali impostarne la ripresa. Ha spiegato che intende puntare sull’agroalimentare quale volano per la crescita e lo sviluppo del Paese, privilegiando contributi mirati invece che sussidi a pioggia e dando una sensibile accelerata al lavoro sulle infrastrutture, vera e propria chiave di volta per accrescere la competitività delle imprese», come ha rilevato il coordinamento di Agrinsieme  di cui fanno parte Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.

Semplificazione, infrastrutture, innovazione

Il coordinamento di Agrinsieme ha ricordato la necessità di risolvere le criticità che frenano lo sviluppo dell’agroalimentare e da tempo attendono una soluzione: i problemi dell’agroalimentare non sono iniziati con il Covid-19, né si esauriranno con la fine della pandemia. Le linee strategiche per la ripartenza devono essere basate su punti chiave come la transizione ecologica, l’inclusione sociale e territoriale, il superamento del gap di genere; iniziative che però non saranno realizzabili senza procedere con vigore sulla via della semplificazione, senza la creazione delle necessarie infrastrutture e senza prevedere investimenti mirati. Sostanziale accordo di intenti fra Draghi e Agrinsieme, ma il coordinamento ha insistito sulla necessità di una radicale riforma della Pubblica Amministrazione, della giustizia e del fisco, pena l’accesso ai fondi di Next Generation EU come peraltro richiede Bruxelles.

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Dello stesso avviso anche Coldiretti: «L’agroalimentare è stato l’unico settore cresciuto all’estero nel 2020 facendo registrare il record storico per il Made in Italy sulle tavole di tutto il mondo, nonostante le difficoltà della pandemia Covid», ed è quindi in grado di trainare la transizione ecologica. I dati dell’export parlano chiaro: più di 45 miliardi nel 2020, a dimostrazione che la qualità e la sostenibilità dell’agroalimentare Made in Italy sono riconosciuti nel mondo. Ma il valore dell’agroalimentare è primario anche a livello interno: «La filiera del cibo è diventata la prima ricchezza del Paese con un valore che supera i 538 miliardi, garantisce dai campi agli scaffali 3,6 milioni di posti di lavoro grazie all’attività, tra gli altri, di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio».

Con il Coronavirus i prezzi dei prodotti alimentari di base cresciuti. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti,ha esposto a Draghi l’urgenza di una strategia di lungo periodo per «difendere la sovranità alimentare, ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali e creare un milione di posti di lavoro green entro i prossimi 10 anni con una decisa svolta dell’agricoltura verso la rivoluzione verde». Proposte? Tra i progetti strategici elaborati per Next Generation EU ci sono «digitalizzazione delle campagne, foreste urbane per mitigare l’inquinamento e smog in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori deficitari e in difficoltà, dai cereali all’allevamento all’olio di oliva».

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