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Presentato a Roma il Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile

Il Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile propone con grande concretezza nuove soluzioni per l’olivicoltura sostenibile in Italia. Non mancano le criticità per un prodotto che pure è molto apprezzato: bisogna fare rete, confrontare le esperienze e scambiare buone pratiche

Presentato a Roma il Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile
Da sinistra: Tiziana Sarnari, Pascal Pinon, Luca Sebastiani, Maurizio Servili

La produzione olivicola sostenibile è una realtà?

Per il Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile l’olio di oliva è il punto di partenza e il punto di arrivo, e gli agricoltori sono parte attiva nella produzione e nella sostenibilità.

Nella sede romana di Confagricoltura, Costa d’Oro – un leader nel mercato dell’olio d’oliva in Italia – ha presentato il suo Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile puntando sul fare sistema per un motivo in apparenza banale: la produzione olivicola contribuisce in modo decisivo allo sviluppo economico e sociale di alcune regioni.

In tutto il mondo è in crescita la richiesta di olio italiano. Non basta solo promuovere Dop e Igp, bisogna anche fare arrivare a più persone il giusto know-how.

Come va la produzione dell’olio italiano?

I dati sulla produzione dell’olio d’oliva presentati da Tiziana Sarnari, esperta dell’ISMEA, mettono in evidenza che la produzione è tendenzialmente in calo; si consuma più olio di quanto se ne produce (quindi l’Italia non è autosufficiente); l’import supera l’export.

Pertanto, il saldo della bilancia commerciale è strutturalmente negativo e l’import serve a soddisfare sia la domanda interna che l’export.

Il nostro Paese è il secondo produttore mondiale di olio di oliva (15%) e il secondo esportatore. È il primo consumatore, con 8,2 litri a testa all’anno.

Cosa si prevede per la campagna di raccolta 2024-2025 tra i paesi produttori? Di certo non sarà abbondante, e le avversità climatiche rappresentano un handicap generalizzato.

L’aumento dei prezzi compensa il calo di produzione: l’olio italiano ha superato i 9 euro al chilo, ma si è ridotto lo scarto con i prezzi di altri paesi.

L’Italia detiene il primato mondiale per varietà (più di 500 genotipi di olive da olio) e il maggior numero di oli extravergini a denominazione in Europa con 42 Dop e 8 Igp.

Sono aumentati i prezzi alla produzione di Dop e Igp, ma con un incremento inferiore agli oli senza riconoscimento comunitario. Il minore scarto di prezzo potrebbe creare una maggiore propensione all’acquisto anche per i prodotti più pregiati?

C’è poca voglia di formazione

Nel corso della presentazione del Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile è emerso un fatto singolare: nonostante l’olio d’oliva sia uno dei prodotti che danno lustro all’agroalimentare Made in Italy, la formazione in materia è scarsa e i pochi corsi a disposizione sono disertati, contrariamente a quanto accade per il vino.

Maurizio Servili, ordinario nel dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università di Perugia ha evidenziato la scarsità della produzione di olio d’oliva in rapporto all’estensione delle coltivazioni.

L’oliveto non può tornare bosco, l’inserimento di nuove piante deve servire a stabilizzare il vecchio impianto: la biodiversità è fondamentale anche per l’olio, perché la natura da sola non riesce a differenziare abbastanza.

Non si può abbandonare un oliveto, la produzione deve aumentare in quantità e qualità: l’Italia deve produrre «le Ferrari dell’olio», come ha affermato ironicamente ma non troppo il prof. Servili.

In Italia i costi di produzione sono troppo alti

Tuttavia, dietro alla produzione c’è un punto sul quale i relatori si sono trovati d’accordo: i costi italiani sono forse i più alti del mondo.

E qui si torna all’alleanza tra olivicoltori, produttori e frantoiani che è alla base del Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile: uno scambio di esperienze che coinvolge anche universitari, ricercatori, tecnici, agronomi.

Un Manifesto dinamico in perenne divenire grazie al quale è possibile scoprire e adottare soluzioni innovative e buone pratiche per una produzione sostenibile. È la proposta di un nuovo modo di andare incontro al futuro.

Come valorizzare la filiera? Solo il 15% dell’oliva si trasforma in olio, il rimanente diventa un costo. Interessante pensare, come suggerisce Servili, a progetti di recupero e utilizzo degli scarti in ottica di economia circolare. Ad esempio, il materiale composto da terra, foglie e rametti che si forma dopo la raccolta può diventare un concime naturale.

Le 3 parole chiave del Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile

Il Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile poggia su 3 parole chiave: conoscenza, condivisione e crescita, come ha spiegato Pascal Pinon, CEO di Costa d’Oro.

Conoscenza è fare rete, sviluppare una filiera, è una ricchezza di saperi da mettere a fattore comune per attivare una collaborazione virtuosa.  

Condivisione è dare un’impronta alla filiera e trasmetterle valore. Per ogni azienda c’è una soluzione sartoriale possibile, ma bisogna conoscerla.

Prezioso, in questo senso, l’esempio degli imprenditori agricoli che fanno parte della Planet O-live Academy di Costa d’Oro. Qui ogni olivicoltore può condividere la sua storia e trovare la soluzione adatta alla sua azienda.

Partner dell’Academy sono Confagricoltura, Assoprol, Università di Perugia, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

La condivisione porterà sicuramente buoni frutti perché fatta di esperienze reali e di conoscenze con la supervisione di un comitato scientifico.

Crescita è sinonimo di sviluppo, anche economico, che deve avvenire nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori. È un cambio di prospettiva: la sostenibilità economica, sociale e ambientale come investimento per il futuro anziché come costo.

Si sente la mancanza dei giovani

La scarsità dei guadagni avvicina pochi giovani alla coltivazione dell’olio d’oliva, in più le avversità climatiche non permettono scelte economiche e di sviluppo di lungo periodo, fa notare Marco Viola, presidente di Assoprol Umbria.

Servono quindi scelte politiche basate su una sostenibilità economica per il settore. Tra queste, Viola sostiene che è necessario aumentare la produzione: se compriamo due terzi dell’occorrente dall’estero vuol dire che togliamo opportunità di sviluppo alla nostra economia.

E se un’economia cresce diventa attrattiva per i giovani: un necessario cambio di rotta che prevede investimenti nel settore costruisce il futuro della nostra olivicoltura.

Il prezzo della sostenibilità

C’è bisogno di innovazione e di investimenti, e di aumentare l’estensione degli oliveti: la media italiana è di appena 2 ettari.

Il Gruppo Avril, di cui fa parte Costa d’Oro, si impegna entro il 2030 a piantare e/o recuperare più di un milione di alberi di olivo e a gestirli in modo sostenibile, ovvero riducendo gli impatti dell’agricoltura tradizionale.

Gli azionisti del Gruppo Avril sono associazioni di agricoltori che, per statuto, reinvestono gli utili nel settore agricolo.

Walter Placida presidente FNP olivicoltura di Confagricoltura, punta il dito sulla necessità di sostegni per lo sviluppo del settore e per venire incontro alle esigenze degli olivicoltori: quale imprenditore agricolo, oggi, può acquistare un trattore di ultima generazione senza avere qualche tipo di aiuto pubblico?

La sostenibilità ha un prezzo che non tutti possono sostenere, anche se pieni di buona volontà: per questo gli imprenditori agricoli virtuosi devono essere incoraggiati e sostenuti.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.