Stesse regole uguali per tutti
L’agroalimentare italiano è sempre più imitato. Se da un lato potrebbe sembrare un motivo di orgoglio – dopo tutto si copia solo dai più bravi – dall’altro è la manifestazione evidente di una vera e propria truffa che si compie ai danni dei produttori leali e dei consumatori inconsapevoli.
La contraffazione dell’agroalimentare italiano
Pochi giorni fa, al Brennero, sono stati fermati e controllati un centinaio di tir e autobotti carichi di prodotti italiani taroccati.
Nessuna categoria dell’agroalimentare italiano può dirsi esente da quello che Coldiretti definisce un vero e proprio attacco. Si va dai pomodori San Marzano che arrivano dall’Olanda, la ricotta fresca dal Nord Europa, il pane di Altamura dalla Repubblica Ceca, arance dalla gran Bretagna provenienti dalle Canarie, latte dall’Austria e dal Belgio, pesce fresco ancora dall’Olanda. Per non parlare dei camion frigo pieni di carne di maiale contrabbandata come italiana.
Si tratta di un grave danno di immagine per l’Italia; un danno ancora più grave per i produttori ligi alle regole che devono subire la concorrenza sleale di chi pratica prezzi al ribasso perché abbatte la qualità dei prodotti e il rispetto dei lavoratori.
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Chiarezza nelle etichette e applicazione del principio di reciprocità
Da tempo Coldiretti si batte in Europa per ottenere maggiore chiarezza nelle etichette e reciprocità delle regole, due elementi chiave per la protezione dell’agroalimentare italiano.
Dichiara Ettore Prandini, presidente di Coldiretti: «È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Chiediamo dunque l’applicazione del principio di reciprocità, ovvero stesse regole uguali per tutti a partire dai fattori di produzione. Basti pensare all’uso dei pesticidi. Un quarto di quelli usati negli Stati Uniti è vietato nell’UE, e le percentuali salgono se si tengono in conto i paesi del Sudamerica. È assurdo continuare a importare cibi prodotti con sostanze che in Europa sono vietate da decenni».
Questa posizione non va fraintesa con una sorta di autarchia alimentare, impossibile da realizzare e soprattutto profondamente sbagliata per un Paese, come l’Italia, che ha un export agroalimentare fortissimo e con una reputazione di qualità e sicurezza riconosciuta nel mondo.
Serve maggiore trasparenza
La difesa della salute dei consumatori e la tutela dei produttori passano dalla trasparenza delle regole. Per questo, Coldiretti ha promosso una raccolta firme per una proposta di legge europea di iniziativa popolare per estendere l’indicazione dell’origine in etichetta su tutti i prodotti in commercio nell’Unione Europea.
A questo proposito, era stato inserito nella Direttiva Breakfast l’obbligo dell’indicazione di origine per succhi di frutta e marmellate. Successivamente, però, è stato cancellato nel trilogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento europei.
Il punto chiave della mobilitazione di Coldiretti è «l’abolizione del concetto di ultima trasformazione sostanziale per gli alimenti, quello che tecnicamente si chiama codice doganale. Non è possibile che si spacci per italiano un cibo che non è stato coltivato o allevato in Italia, dalle cosce di prosciutto estero che dopo essere stati salati e stagionati vengono venduti per italiani, al latte che diventa mozzarella italiana. È un furto d’identità che inganna i consumatori e toglie reddito agli agricoltori».
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Prodotti fake coltivati con pesticidi vietati nell’UE
Perché è importante smascherare i prodotti esteri venduti come italiani solo perché in Italia hanno subito minime lavorazioni in fase finale? Per tutelare la salute dei consumatori: i prodotti fake sono coltivati con pesticidi banditi da anni dall’UE perché riconosciuti tossici ma usati senza controlli in altri paesi.
Inoltre in molti casi sono stati rilevati la presenza di salmonella e contenuti di cadmio e mercurio molto superiori al consentito. Rimangono ancora anonima l’origine di legumi in scatola, confetture di frutta, verdure trasformate, frutta secca, pane e prodotti da forno, insalate di IV gamma.