(RInnovabili.it) – Tutto è cominciato nel 2018, l’anno in cui la peste suina africana ha decimato 200 milioni di maiali in Cina, un Paese che ne produce circa 500 milioni l’anno. La Cina è infatti il più grande produttore mondiale di maiali al mondo e il maggiore consumatore. Per scongiurare un’altra emergenza di questo tipo si è pensato di ricorrere alla tecnologia di riconoscimento facciale.
Il maiale è un animale espressivo. Una volta i piccoli allevatori erano in grado di riconoscere i loro animali e capirne le esigenze, ma da quando hanno preso piede gli allevamenti intensivi questo metodo non è più utilizzabile. In capannoni dove sono stipati anche centomila esemplari il riconoscimento è impossibile.
Huawei, il più grande produttore mondiale di apparecchiature per la telecomunicazione, ha visto diminuire drasticamente i propri affari in seguito alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti. La decisione di aprirsi un’altra strada di business con il sistema di riconoscimento facciale per i suini ne è la logica conseguenza, business in cui si è fatto avanti anche il gigante dell’e-commerce Alibaba. Usare l’intelligenza artificiale negli allevamenti di maiali è un affare enorme in Cina, che potrebbe facilmente estendersi ad altri paesi.
L’aumento degli allevamenti intensivi
La strategia cinese per proteggersi dalle epidemie è stata di ridurre il numero dei produttori aumentandone le dimensioni e rendendoli tecnologicamente più avanzati. La tecnologia di riconoscimento facciale non serve solo a contenere gli effetti di un’eventuale epidemia ma anche a ottimizzare le procedure di allevamento. In questo modo di ogni maiale è possibile conoscere lo stato di salute generale (in abbinamento a rilevatori della temperatura, del battito cardiaco e della tosse), determinare la giusta quantità di mangime da somministrare e, non meno importante, eliminare gli sprechi anche del 50%.
Questi nuovi sistemi hanno tuttavia costi ingenti che li rendono utilizzabili per alcuni ma non per tutti. Ad esempio, adottare la tecnologia di riconoscimento facciale costa 7 dollari a maiale, mentre la vecchia etichettatura sull’orecchio costa pochi centesimi; a questo va aggiunto il costo dell’infrastruttura informatica che gestisce i dati e la sua manutenzione. Il risultato sarà una concentrazione della produzione e della ricchezza nelle mani di pochi, e la progressiva scomparsa dei piccoli allevatori: basti pensare che negli anni Ottanta i piccoli allevamenti di maiali erano l’80%, oggi sono ridotti al 20%. Inoltre, il consumo di carne – diventato un simbolo di benessere e di agiatezza – dagli anni Ottanta a oggi è vertiginosamente aumentato e la richiesta continua a crescere, con effetti ambientali preoccupanti.