La carbon footprint degli orti urbani è in media 6 volte superiore a quella dell’agricoltura condotta in campagna con metodi convenzionali: 0,42 contro 0,07 kgCO2eq per porzione di cibo. Lo studio pubblicato su Nature Cities analizza 73 orti urbani in 5 paesi diversi tra Europa e Stati Uniti
Il 20-30% di chi abita in città nel mondo è coinvolto negli orti urbani
(Rinnovabili.it) – L’insalata che coltiviamo negli orti urbani emette in media 6 volte più gas serra di quella coltivata in campagna. Motivo? L’uso di strumenti, infrastrutture, fertilizzanti e acqua è meno efficiente. Ma adottando pochi accorgimenti, chi fa l’agricoltore in città può abbattere l’impronta di carbonio degli orti urbani.
Lo afferma uno studio pubblicato di recente su Nature Cities, il primo a concentrarsi non sulle pratiche di agricoltura urbana hi-tech e a basso impatto ambientale, come le fattorie verticali, ma su quelle – ben più diffuse – delle fattorie urbane gestite professionalmente, degli orti individuali e di quelli collettivi.
Il peso dei materiali e delle infrastrutture
I dati raccolti in 73 orti urbani in 5 paesi tra Europa e Stati Uniti comprendono le emissioni di gas serra climalteranti associate sia ai materiali che alle attività agricole durante l’intero ciclo di vita. Per rendere comparabili i dati, i ricercatori hanno espresso le emissioni in kg di CO2 equivalente per porzione di cibo. E le hanno poi confrontate con quelle generate dai prodotti coltivati con metodi convenzionali in campagna.
Risultato: in media, l’impronta di carbonio degli ori urbani è di 0,42 kgCO2eq per porzione, mentre quella degli appezzamenti agricoli rurali si ferma a 0,07 kgCO2eq. “La maggior parte degli impatti climatici nelle fattorie urbane sono causati dai materiali utilizzati per costruirle: le infrastrutture”, spiega Benjamin Goldstein, co-autore dello studio. “Queste aziende agricole in genere funzionano solo per pochi anni o un decennio, quindi i gas serra utilizzati per produrre tali materiali non vengono utilizzati in modo efficace. L’agricoltura convenzionale, d’altro canto, è molto efficiente e con cui è difficile competere”.
Come abbattere l’impronta di carbonio degli orti urbani?
Tre i modi per abbattere l’impronta di carbonio degli orti urbani (o massimizzarne i benefici) suggeriti dallo studio. Primo, estendere la durata di vita dei materiali e delle infrastrutture impiegate. “Un letto rialzato utilizzato per cinque anni avrà un impatto ambientale circa quattro volte superiore, per porzione di cibo, rispetto a un letto rialzato utilizzato per 20 anni”, specificano gli autori. Secondo, usare materiali di scarto dell’edilizia o la frazione organica dei rifiuti urbani, dandogli nuova vita. Ma puntare anche su uso di acqua piovana e, dove possibile, acque reflue riciclate per l’irrigazione. Terzo, massimizzare i benefici sociali, in termini di salute mentale, benessere, dieta e relazioni sociali. Fattori non considerati in questo studio e senza un impatto diretto sull’impronta di carbonio. Ma importanti per quantificare in modo comprensivo i benefici degli orti urbani.